La seconda maggiore economia del Sud-Est asiatico, alla spalle della sola Indonesia, ha mostrato negli ultimi decenni significativi progressi in termini di sviluppo economico e sociale. Parliamo della Thailandia, paese che ha segnato una notevole crescita del proprio PIL pro-capite passando, in meno di una generazione, da low income a middle income country secondo la World Bank, a fronte di un drastico calo della povertà: dal 58% della popolazione nel 1990, al 6.3% nel 2021.

Chiari contributi alla crescita del PIL sono provenuti dall’export, nonché dall’industria turistica, pilastro economico per il paese. Nel corso degli anni, i ritmi della crescita economica sono però andati progressivamente rallentando: dopo un tasso di crescita medio annuo del 7.5% negli anni del boom (1960-1996), e del 5% tra il 1999 e il 2005 (all’indomani della crisi finanziaria asiatica), al momento le prospettive di crescita derivanti da un modello economico orientato all’export sembrano essere notevolmente diminuite, in relazione ad una stagnazione nella produttività.


 

A ciò si è aggiunto, negli ultimi anni, il peso della crisi Covid sull’economia di un paese fortemente votato al turismo: nel 2020 il PIL thailandese ha registrato una contrazione del 6.1%, molto più ampia rispetto al modesto calo dello 0.7% del 2009, anno della crisi finanziaria globale. Dopo il limitato recupero del 2021 (+1.5%), a cui ha fatto seguito un incremento del 2.6% nel 2022, per l’anno in corso il Fondo Monetario Internazionale (FMI) prevede una modesta accelerazione del PIL thailandese al 2.7%, segnalando quindi una graduale ripresa, in un contesto internazionale che rimane, però, altamente incerto.

Il turismo in Thailandia, dal canto suo, mostra segnali di recupero dalla seconda metà del 2022 e, pur non avendo ancora raggiunto i livelli pre-pandemici, nell’anno in corso è tornato a supportare il settore terziario. Per la Thailandia, infatti, il turismo gioca un ruolo di primo piano in termini di contributo alla crescita del PIL, pari al 7.4% nel 2019; si pensi che per l’Italia tale quota ammonta al 5.7%, per la Francia e la Germania al 4%, per le vicine Indonesia e India rispettivamente al 5% e 2.7% (UNWTO, 2019).


 

Anche i dati sugli investimenti diretti esteri (IDE) in entrata nel paese hanno fornito, negli ultimi anni, segnali altalenanti: dopo la fuga degli investitori nel 2020, i dati UNCTAD mostrano un rimbalzo dei flussi di IDE in entrata nel 2021 (pur rimanendo al di sotto dei livelli di massimo storico), a cui ha fatto seguito un calo di oltre 30 p.p. nel 2022. La contrazione è risultata più severa rispetto alla media mondiale, per la quale il calo si è limitato al 12%.


 

Un paese votato all’export: le dinamiche degli scambi

Se il quadro macroeconomico mostra segnali di una ripresa, benché incerta e complessa, guardiamo ora ai numeri del commercio internazionale. Per il paese, infatti, anche l’export gioca un ruolo di primario rilievo: nel 2022 si stima che l’export thailandese sia stato pari al 60% del suo prodotto interno lordo – a fronte di una quota di circa il 30% stimata per il nostro paese.

La World Bank segnala come negli ultimi anni la partecipazione della Thailandia nelle catene globali del valore abbia dato, in linea con le dinamiche degli IDE, alcuni segnali di stagnazione: infatti, a fronte di un trend di lungo periodo di crescita dell’interscambio commerciale thailandese misurato a prezzi correnti, la quota dell’export del paese sul totale della domanda mondiale ha mostrato un calo a partire dal 2018, dopo una fase di crescita concentrata nel decennio precedente.


 

ExportPlanning stima, per il 2023, valori di export pari a 265 miliardi di euro per la Thailandia, in calo del 3.4% rispetto al punto di massimo del 2022 (275 miliardi); la contrazione risulta più severa per l’import (-5.4%), dopo il punto di massimo dei 287 miliardi nel 2022. Guardando invece alle variazioni a prezzi costanti, ovvero depurate dagli effetti dell’inflazione, i tassi di crescita stimati per il 2023 rimangono, tanto per l’import che per l’export del paese, in territorio positivo, segnalando quindi come la frenata dell’anno in corso rifletta anche il progressivo rallentamento delle dinamiche inflazionistiche su scala internazionale.

Per la Thailandia, l’import di beni proviene soprattutto dalla vicina Cina (25.2% nel 2022), seguita dal Giappone (11.3%); per oltre il 50%, l’import dalla Cina si concentra su materie prime e beni intermedi complessivamente considerati, per oltre il 25% su beni di investimento. L’Unione Europea nel suo complesso si colloca in terza posizione tra i mercati di approvvigionamento per la Thailandia, andando a coprire quasi il 6% dell’import del paese (2022).

Secondo le ultime stime ExportPlanning, il terzo trimestre 2023 si è chiuso con esportazioni UE verso la Thailandia pari a 4 miliardi di euro, a fronte di 6.2 miliardi di euro di import. Come si nota dal grafico, negli ultimi tre trimestri l’export UE ha confermato il trend di crescita avviato nel post-Covid, benché a ritmi parzialmente più moderati (attorno al +9% su base tendenziale), a fronte invece di un calo tendenziale stimato per l’import UE dal partner asiatico tanto nel Q2 che nel Q3-2023.


 

Su questo fronte, è di interesse segnalare come a marzo 2023 sia stata annunciato la ripartenza delle negoziazioni UE-Thailandia ai fini del raggiungimento di un accordo di libero scambio. Avviate a marzo 2013, le negoziazioni erano state poi messe in pausa nel 2014 in seguito al golpe militare che aveva avuto luogo nel paese. Nel 2017 e nel 2019, alla luce dei progressi compiuti dalla Thailandia nel processo di democratizzazione, il Consiglio Europeo ha avviato un approccio di re-impegno graduale, culminato nella firma dell'accordo di partenariato e cooperazione a dicembre 2022, che fornisce un quadro completo per le relazioni UE-Thailandia e aprirà ampie opportunità di sviluppo della cooperazione.

Giungono quindi segnali di reciproco interesse: da parte della Thailandia, che punta ad espandere l’accesso ai mercati esteri per i suoi prodotti e ad attrarre IDE in entrata, e da parte dell’Unione, che vuole rafforzare il suo impegno e la sua presenza in una regione in crescita, soprattutto in settori innovativi come quello delle energie rinnovabili, i veicoli elettrici e beni critici come i microchip. D’interesse per l’Unione sono anche i progetti infrastrutturali e il passaggio ad un'economia basata sulla tecnologia e sull'innovazione, che risultano priorità fondamentali nella strategia di sviluppo economico della Thailandia, e rappresentano quindi un ulteriore potenziale per gli investitori e le imprese UE interessate ad operare nella regione.

 

Focus Italia: beni di consumo & di investimento

Dal canto suo, l’Italia si colloca al secondo posto tra gli esportatori UE sul mercato thailandese (1.8 miliardi di euro nel 2022), alle spalle della Germania (5.4 miliardi di euro). Il nostro export ha toccato nel 2022 un punto di massimo storico, in crescita del 17.5% rispetto all’anno precedente (+18.2% rispetto al 2019).

Guardando ai numeri sull’export italiano per comparto merceologico, emerge una discreta diversificazione dei nostri flussi in uscita. Secondo i dati 2022, troviamo in cima al ranking delle esportazioni italiane verso la Thailandia i prodotti finiti per la persona, che hanno recentemente mostrato un significativo trend di crescita, concentrandosi soprattutto sulla fascia alta e medio-alta di prezzo, ed ammontando nel complesso ad oltre il 13% del totale esportato dall’Italia nel paese nel 2022 (252.6 milioni di euro secondo le dichiarazioni di export italiane).
Seguono i comparti che vanno ad alimentare l’industria thailandese: troviamo infatti la componentistica meccanica ed ottica (137.8 milioni di euro di export Italia nel 2022), seguita dagli strumenti e attrezzature per l’industria (130.6 milioni), dai beni intermedi chimici (117.7 milioni) e dalla componentistica destinata ai mezzi di trasporto (107.6 milioni). Superano i 100 milioni, secondo i dati 2022, anche le nostre esportazioni di macchine e impianti per i processi industriali.

Tra questi ultimi, sono gli strumenti e le attrezzature per l’industria, insieme ai beni intermedi chimici, ad aver mostrato un significativo incremento del nostro export nel 2022.

 

Conclusioni

Nonostante la battuta d’arresto legata alla crisi Covid, la Thailandia rimane un mercato da tenere sotto osservazione per le imprese italiane, a fronte dell’opportunità di esportare tanto beni di consumo che beni di investimento secondo l’Osservatorio Economico MAECI (Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale), e tanto più nell’ottica di un possibile accordo commerciale con l’Unione Europea nel prossimo futuro. Troviamo infatti, da un lato, il progressivo ampliamento della capacità di spesa di un paese emergente sul fronte dei beni di consumo, come testimoniato dalla progressiva crescita del PIL pro-capite prevista per i prossimi anni (da poco più di 7000 dollari nel 2022, a quasi 10mila dollari nel 2028 secondo le previsioni FMI), e dall’altro l’intenzione della Thailandia di guidare l’evoluzione del settore manifatturiero nazionale attirando investimenti verso il mid/high-tech – anche al fine di differenziarsi da competitor regionali concentrati, invece, sulla fascia bassa di prezzo.

Secondo quanto dichiarato dal Thailand Board of Investment (BOI), tra i progetti del governo troviamo, ad esempio, la volontà di creare nel paese una solida base produttiva per i veicoli elettrici, che raggiunga l’obiettivo del 30% della produzione totale di veicoli a motore a zero emissioni entro il 2030 (si veda, a questo riguardo, l’ultimo comunicato del BOI), andando quindi ad incrementare le prospettive di domanda sul fronte della relativa componentistica; ulteriore obiettivo dichiarato è quello di promuovere la digitalizzazione del paese, innovando quindi un modello di sviluppo inizialmente basato sull’agricoltura, a seguire sull’industria, e negli obiettivi del prossimo futuro sull’economia digitale.