Il PNRR è una grandissima occasione per la modernizzazione e la crescita del nostro Paese.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) è una grandissima occasione per la modernizzazione e la crescita del nostro Paese. Con 191,5 miliardi di euro stanziati per l’Italia dall’Unione europea, è un investimento senza precedenti su cui anche gli imprenditori del nostro Paese hanno messo gli occhi, perché foriero di importanti opportunità. Abbiamo quindi raccolto le principali domande che gli italiani si pongono sul tema. E le risposte rappresentano una sintesi utile del piano. Prima di tutto, che cosa significa PNRR? Significa Piano nazionale di ripresa e resilienza. Come vedremo, questa definizione racchiude già alcuni dei suoi concetti chiave.

Che cosa prevede il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza?

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevede investimenti complessivi per 222 miliardi di euro (191,5 tra prestiti e fondo perduto dall’Ue, 30,5 dal Fondo complementare istituito appositamente dal governo italiano). Il PNRR si delinea in 6 ambiti di missione, stabiliti a livello europeo dal piano Next Generation EU, di cui il PNRR è la versione italiana. Ogni missione prevede, in ultima istanza, bandi che andranno a finanziare alcuni progetti ritenuti chiave.

Gli ambiti dei progetti che saranno finanziati sono digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura (finanziato con 40,3 miliardi), rivoluzione verde e transizione ecologica (59,5 miliardi), infrastrutture per una mobilità sostenibile (25,4 miliardi), istruzione e ricerca (30,9 miliardi), inclusione e coesione (19,8 miliardi) e salute (15,6 miliardi).

 

Quando arrivano i fondi per i progetti del PNRR?

I 191,5 miliardi derivanti da debito comune europeo destinati all’Italia non arrivano tutti insieme.  Ci sono delle rate, la cui liquidazione da parte della Commissione europea è legata al raggiungimento di alcuni obiettivi concordati tra Roma e Bruxelles per ottenere i fondi. Tra questi ci sono per esempio la riforma della giustizia per accorciare la durata dei processi, oppure politiche per una maggiore integrazione di donne e giovani nel mercato del lavoro o per la riduzione del divario tra nord e sud.

Per ogni semestre, il governo italiano si impegna a raggiungere questi obiettivi con delle riforme che, una volta approvate dalla Commissione europea, portano al via libera per l’erogazione dei fondi del PNRR. Ad oggi l’Italia ha raggiunto tutti gli obiettivi previsti e ha ricevuto, tra pre-finanziamento e le prime tre rate, circa 85 miliardi di euro. La cifra rimanente arriverà divisa in rate entro il 2026.

Cosa finanzia il PNRR?

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, in sintesi, prevede tantissimi investimenti, per i quali ci sono appositi bandi e progetti. Tra questi ci sono per esempio la diffusione in tutta Italia della banda larga e del 5G, il sostegno alla filiera dell’idrogeno, incentivi per rendere energeticamente più efficienti 50mila edifici l’anno, investimenti in infrastrutture come l’alta velocità al sud e l’ammodernamento della catena portuale.

Per quanto riguarda istruzione, inclusione e sanità sono previsti tra l’altro il risanamento degli edifici scolastici e l’aumento dei posti negli asili nido, interventi per le periferie e investimenti nella telemedicina.

 

Perché è nato il PNRR?

Il Next Generation EU è stato concepito nel 2020, in seguito alla pandemia da Covid-19. I danni economici causati dal lockdown hanno reso ancora più fragili Stati come l’Italia, che tra l’altro è stato il Paese membro colpito più duramente dal virus e come tale è il maggiore beneficiario del programma. Pertanto la Commissione ha varato per la prima volta un piano di debito comune, con cui finanziare principalmente le due maggiori sfide del nostro tempo: la digitalizzazione e la transizione ecologica. 

Chi ha scritto il PNRR?

Le cifre per l’Italia del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sono state negoziate dall’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte nell’estate del 2020. Successivamente una prima versione del piano è stata elaborata dal suo governo. La versione attuale è quella modificata dall’esecutivo del suo successore, Mario Draghi, che ha leggermente diminuito la quota per i progetti dedicati alla transizione verde, aumentando quelle per istruzione e digitalizzazione. Lo stesso governo Draghi e più di recente l’attuale esecutivo guidato da Giorgia Meloni hanno provveduto a raggiungere gli obiettivi concordati con la Commissione europea.