In un contesto di generale contrazione del commercio estero legato alla crisi Covid, i semiconduttori mostrano una chiara controtendenza: gli scambi mondiali si stimano infatti in crescita di quasi il 10% nel 2020. Se la forte domanda di chip è imputabile ad un ruolo sempre più significativo nella realizzazione di dispositivi elettronici in moltissimi comparti industriali, l’elemento che negli ultimi mesi è arrivato a catturare attenzione e timori su scala internazionale è l’attuale carenza di offerta. Le cause dello shortage, che si prevede possa durare fino al 2022-23, sono molteplici: si spazia dall’incremento della domanda legato agli sviluppi tecnologici in molteplici industrie, al cambiamento delle abitudini di consumo e l’insorgenza di blocchi produttivi nel contesto pandemico. Gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno risposto a questa fase di forte difficoltà negli approvvigionamenti puntando allo stimolo della produzione interna, iniziativa che si prevede possa rappresentare una significativa sfida.

In un contesto di crescente rilevanza della tecnologia su scala mondiale, i semiconduttori sono recentemente saliti al centro della scena. Se fino a poco tempo fa tali prodotti rientravano soltanto nel campo di osservazione degli esperti, per il loro ruolo sempre più significativo nella realizzazione di dispositivi elettronici in moltissimi comparti industriali, negli ultimi mesi stanno catturando l’attenzione generale su scala internazionale, in relazione alla loro attuale carenza di offerta. Le relative conseguenze rischiano infatti di ricadere non soltanto sulle numerose industrie che utilizzano tali componenti a fini produttivi, ma anche sul consumatore finale.

Se i primi segnali dello shortage hanno cominciato ad intravedersi già alla fine del 2020, apparendo inizialmente come fenomeno temporaneo, negli ultimi mesi questa problematica è andata incontro ad un consolidamento: secondo gli esperti, il ritorno alla normalità a livello di offerta potrebbe infatti non essere raggiunto prima del 2022-2023.

 

Ma cosa sono i semiconduttori?

Al giorno d’oggi, i “chip” giocano un ruolo chiave nella fabbricazione dei dispositivi elettronici in molteplici industrie, spaziando dal computing ai trasporti, l’elettronica di consumo, la salute e non solo. Come dichiarato dalla Semiconductor Industry Association, l’associazione industriale statunitense del settore, questi piccoli chip rappresentano il cervello dell’elettronica e permettono il funzionamento delle moderne tecnologie1.
Andiamo quindi ad approfondire le dinamiche del settore e i paesi protagonisti nel comparto tecnologico dei semiconduttori, focalizzandoci sul commercio estero. La prima questione da sottolineare nell’analisi del tema è infatti il fondamentale ruolo degli scambi commerciali internazionali per l’approvvigionamento, data la forte concentrazione della produzione nel continente asiatico.

Focus commercio estero

LA DOMANDA MONDIALE

Partendo da un’overview generalizzata, i principali numeri di commercio estero del settore mostrano un significativo incremento della domanda negli ultimi anni. Gli scambi mondiali di semiconduttori e circuiti integrati si stimano infatti superiori agli 890 miliardi di dollari nel 2020, in crescita di quasi il 10% rispetto all’anno precedente. Emerge quindi una chiara controtendenza rispetto ad un contesto di generale contrazione del commercio estero legato alla crisi Covid.
Non si tratta però di un fenomeno limitato allo scorso anno. Già nel corso degli anni precedenti, i ritmi di crescita della domanda mondiale del prodotto hanno mostrato un’accelerazione, soprattutto a partire dal 2017: i dati ExportPlanning segnalano infatti incrementi attorno all’ordine di grandezza del 17% tanto nel 2017 che nel 2018, a cui fa seguito una modesta flessione nel 2019 (-1.1%). Confrontano i livelli del 2020 rispetto a quelli di 10 anni prima, si nota un incremento degli scambi dell’80%, elemento che suggerisce in modo esplicito come gli sviluppi tecnologici abbiano giocato un ruolo di primo piano per la crescente rilevanza del comparto dei semiconduttori.

Guardando ai più recenti dati trimestrali, la prima metà del 2021 sembra stia portando con sé un’ulteriore accelerazione negli scambi rispetto ai ritmi del 2020: i dati ExportPlanning stimano infatti un incremento nella domanda mondiale di semiconduttori del 24.4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, come si nota nel grafico di seguito (Fig. 1). In assenza della situazione emergenziale di carenza di offerta ormai denunciata da più comparti, in prima linea il settore automotive, il valore degli scambi internazionali avrebbe potuto persino risultare più elevato di quello che si è realizzato.

 

ESPORTAZIONI E SURPLUS COMMERCIALE

Come precedentemente accennato, la patria produttiva dei semiconduttori risiede principalmente in Asia. La sola Cina detiene infatti più del 15% del totale dell’export nel 2020. Quote di poco inferiori si registrano per Taiwan; di poco superiore al 10% la quota detenuta da Singapore e Corea del Sud, più contenute le quote malesiana e giapponese.
Dal lato occidentale, gli Stati Uniti emergono come primo maggiore esportatore, con una quota di mercato mondiale prossima al 6%. Tra gli europei, i ruoli più significativi emergono invece per Germania e Olanda, con quote di mercato attorno all’ordine di grandezza del 2%.

Guardando invece alle esportazioni al netto delle importazioni, la leadership del settore si sposta in mano a Taiwan, che supera i 50 miliardi di dollari di esportazioni nette nel 2020, seguito a breve distanza dalla Corea del Sud. Superano i 15 miliardi di dollari le esportazioni nette di Singapore e Malesia, mentre risultano lievemente al di sotto della soglia le giapponesi e le statunitensi.
In Europa, protagonista contenuta nel contesto produttivo, si registrano i più elevati livelli di esportazioni nette per Irlanda e Francia: lo scorso anno, i due paesi hanno rispettivamente registrato surplus commerciali pari a 7.5 e 2.1 miliardi di dollari.

Attuale shortage e iniziative governative

Dopo aver delineato un quadro dei principali protagonisti del settore, risulta utile approfondire le ragioni della recente carenza di semiconduttori. I fattori da tenere in considerazione nell’analisi sono molteplici: se i progressivi sviluppi tecnologici stavano causando già da anni un forte incremento della domanda (si pensi ad esempio alla transizione del comparto automotive verso l’elettrico), i blocchi produttivi legati allo scoppio della pandemia da Covid-19, uniti all’aumento della domanda in un contesto di smart working e smart learning, hanno attualmente generato una situazione di carenza di offerta, per la quale gli esperti ritengono improbabile una risoluzione nel breve periodo. A ciò si sono uniti “vari eventi avversi, quali incendi e siccità che hanno colpito grandi impianti manifatturieri”, come dichiarato in una recente pubblicazione della Banca Centrale Europea.
Tali elementi vanno ad inserirsi in un contesto di elevata complessità a livello di processi produttivi: si pensi che la fabbricazione di semiconduttori richiede una tempistica media di 26 settimane.

Gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno risposto a questa fase di forte difficoltà negli approvvigionamenti puntando allo stimolo della produzione interna, iniziativa che si prevede possa rappresentare una significativa sfida, nonché richiedere ingenti investimenti e una discreta tempistica di realizzazione. Come dichiarato a marzo dalla Commissione Europea, gli obiettivi digitali per il 2030 prevedono di raddoppiare la quota UE nella produzione mondiale di semiconduttori, nella quale l’Unione gioca attualmente un ruolo limitato. Nel discorso di settembre sullo stato dell'Unione 2021 della Presidente von der Leyen, è stata dichiarata l’“intenzione presentare una nuova legge europea sui semiconduttori”, per creare “un ecosistema europeo dei chip che sia all'avanguardia” e garantire “la sicurezza dell'approvvigionamento”.
Anche gli Stati Uniti si stanno muovendo verso la medesima direzione, con la recente approvazione da parte del Senato dello US Innovation and Competition Act, che include 52 miliardi di dollari in investimenti federali per misure relative a ricerca, design e fabbricazione di semiconduttori a livello domestico.
Un punto di forza da cui possono partire UE e Stati Uniti è la loro leadership nella produzione delle macchine specializzate nella produzione di semiconduttori. Stati Uniti e Olanda, in particolare, rappresentano ciascuna il 25% delle esportazioni mondiali di questa tipologia di macchine.

Saranno quindi i prossimi anni a rivelare se l’Asia continuerà a dominare il settore, o se la pandemia, unita ad una crescente domanda di tecnologia, potrà spingere verso una complessiva riorganizzazione della produzione di semiconduttori su scala mondiale.

 

1. Si fa spesso riferimento ai semiconduttori utilizzando in modo equivalente il termine “circuiti integrati” o “chip”. In linea teorica, il concetto di semiconduttore fa riferimento al materiale di base, una sostanza che presenta caratteristiche di conduzione elettrica intermedia tra un conduttore e un isolante; al contrario, il circuito integrato o chip rappresenta il dispositivo elettronico costruito sulla base di una piastrina di materiale semiconduttore. In linea con le analisi della Semiconductor Industry Association, in questo articolo consideriamo nel cluster dei semiconduttori sia il materiale di base che il chip con esso realizzato. Sulla base della classificazione prodotti Harmonized System (HS), sono inclusi nel gruppo i prodotti appartenenti ai codici HS8542 (Circuiti integrati elettronici) e HS8541 (Diodi, transistor e simili dispositivi a semiconduttore), fatta eccezione per il codice HS854140 (Dispositivi fotosensibili a semiconduttori, comprese le cellule fotovoltaiche anche montate in moduli o costituite in pannelli; diodi emettitori di luce, LED); non sono invece incluse attrezzature o materiali relativi al comparto dei semiconduttori.