I generali aumenti dei prezzi delle materie prime in corso già dal 2021 – e dei conseguenti costi di produzione, energetici e di trasporto – stanno generando timori a molteplici industrie, nonché ai consumatori finali a loro volta toccati dalle dinamiche inflazionistiche.

Tra i settori che stanno dichiarando il loro stato di allerta troviamo i produttori di macchinari per il packaging: secondo le recenti dichiarazioni di UCIMA (Unione Costruttori Italiani Macchine Automatiche per il Confezionamento e l’Imballaggio), “continua a crescere la preoccupazione per l’incremento dei costi di produzione e lo shortage di materie prime e componentistica. Una sfavorevole congiuntura già in atto nel 2021 e che il conflitto in Ucraina ha aggravato ulteriormente”.

 

I player del settore

 

Il settore dei macchinari per il confezionamento e l’imballaggio riveste un ruolo chiave per l’industria italiana: si pensi infatti che l’Italia rappresenta il secondo maggiore esportatore su scala mondiale, preceduta dalla sola Germania, e destina l’80% della sua produzione all’export. Congiuntamente considerate, Italia e Germania rispondono a quasi la metà della domanda mondiale di macchinari per il packaging, che nel 2021 si stima possa aver sfiorato i 18 miliardi di euro.

Come si nota dal grafico (Fig. 1), l’export tedesco nel 2021 ha superato i 4.5 miliardi di euro, mentre quello italiano ha sfiorato i 4 miliardi. Se in entrambi i casi le esportazioni hanno mostrato un chiaro recupero rispetto al 2020, con un tasso di crescita prossimo ai 4 punti percentuali, non è ancora completo il ritorno sui livelli del 2019: l’export italiano di macchinari per il packaging risulta infatti, a chiusura 2021, del 4.4% inferiore rispetto al 2019, a fronte di quello tedesco che si limita invece ad un -1.3%.

Migliore la dinamica del terzo maggiore esportatore, la Cina, che pur limitandosi ad un totale esportato inferiore ai 2 miliardi di euro, ha però mostrato una crescita molto dinamica anche durante la crisi sanitaria (+13.3% nel 2020, +16% nel 2021).

 

Allargando lo sguardo alla domanda mondiale del settore, i dati mostrano una chiara ripresa rispetto alla frenata del 2020: per il 2021 si stima un rimbalzo dell’8.9%, dopo la contrazione dell’1.7% registrata l’anno precedente (Fig. 2).

Analisi mercati

 

Nel complesso, Nord America, Asia e Unione Europea guidano la domanda mondiale: ognuna delle tre aree geografiche ha infatti rispettivamente importato quasi 4 miliardi di euro di macchinari per il packaging nel 2021, mostrando un significativo incremento nell’ultimo decennio.

Guardando ai singoli paesi importatori, notiamo in prima fila gli Stati Uniti, che nel 2021 hanno sfiorato i 3 miliardi di euro di importazioni; seguono, a significativa distanza, la Cina (1.4 miliardi di euro) e la Germania (676 milioni di euro).

Focalizzandoci invece sui mercati più dinamici[1], spiccano i casi di Ucraina, Grecia, Ungheria e Singapore che, pur registrando importazioni attorno all’ordine di grandezza dei 100 milioni di euro nel 2021, hanno mostrato un tasso di crescita medio annuo superiore al 10% tra il 2016 e il 2021. Notevole dinamismo anche per l’import nordamericano (+11.4% per gli Stati Uniti, +7.5% per il Canada) e cinese (+7.3%). Tra i paesi africani spicca il caso della Nigeria, che ha mostrato un tasso di crescita medio annuo delle sue importazioni prossimo al 10% nel periodo considerato; sul fronte asiatico si distinguono Vietnam, Bangladesh (+9%) e Malesia (+6.9%) mentre, tra i paesi europei, Irlanda e Olanda. Tra i più dinamici importatori europei troviamo anche il Belpaese, focalizzato sull’import di macchinari di fascia alta e medio-alta.


[1]Abbiamo considerato nell’analisi i mercati che, nel 2021, hanno importato macchinari per il packaging per almeno 100 milioni di euro.

 

Conclusioni

 

L’analisi dei flussi di commercio estero di macchinari per il packaging testimonia il significativo dinamismo che sta caratterizzando gli scambi commerciali su scala mondiale, in ripresa rispetto alla caduta legata alla crisi Covid, e la forte rilevanza dell’industria italiana, che si distingue per il suo elevato livello tecnologico-qualitativo, una significativa flessibilità produttiva, ma anche l’interesse ad abbracciare il nuovo trend della sostenibilità.

In questo contesto, l’allarme lanciato da UCIMA segnala quindi come l’attuale aumento dei costi di produzione e la carenza di materie prime rischi di minare una buona fase di ripresa, e sottolinea come una politica industriale che tuteli maggiormente la manifattura nazionale ed europea risulti sempre più necessaria