In Italia quasi una donna su due non lavora. La fotografia scattata dall’Istat (l’istituto nazionale di statistica) a inizio anno è poco incoraggiante: su 334mila occupati in più registrati nell’ultimo anno (il periodo di rilevazione va da dicembre 2021 allo stesso mese del 2022), l'88% sono uomini: 296mila, contro solo 38mila donne. Mentre in totale, il tasso di occupazione femminile è fermo al 51,3%, al di sotto della media Ue. Il Gender Policies Report del 2022 dell'Inapp (l’Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche), poi, estende l’analisi e osserva che la situazione economico-finanziaria delle donne risente inevitabilmente anche di contratti prevalentemente precari, orari di lavoro ridotti o part-time, necessari a conciliare vita privata e lavorativa, e occupazioni in settori a bassa remuneratività o poco strategici. Una situazione che pandemia e guerra hanno ulteriormente peggiorato. Il gender pay gap, ovvero la differenza di reddito, a parità di mansione, tra uomo e donna, è ancora presente, sebbene in diminuzione. E stando ai dati contenuti nell’ultimo Rapporto annuale sulle scelte di investimento delle famiglie italiane di Consob relativo al 2022, questo insieme di fattori contribuisce inevitabilmente ad aumentare la vulnerabilità finanziaria femminile: il 27% delle donne del campione, infatti, è soggetta a una sostanziale variabilità del suo reddito nel corso del tempo.

Per questo il cosiddetto gender gap, vale a dire il divario esistente tra uomini e donne in diversi ambiti che impattano sulla vita quotidiana, come la salute, il livello di istruzione, la posizione lavorativa ed economica, il ruolo nella società, si ripercuote inevitabilmente anche sul mondo della finanza e degli investimenti. Le differenze di genere, infatti, influenzano non solo la capacità e la possibilità di gestire il proprio denaro e di risparmiare, ma incidono più o meno direttamente anche sulla scelta degli eventuali strumenti finanziari da sottoscrivere, sulla propensione al rischio e sulla consapevolezza circa le proprie abilità e risorse in questo ambito.

Uno sguardo sociologico

Una situazione complessa che, forse, può essere inquadrata meglio alla luce di un excursus che tenga conto del ruolo che storicamente la donna ha assunto nella nostra società. Guardando al passato, infatti, il divario finanziario di genere sembra essere frutto anche di un retaggio culturale radicato. La gestione del patrimonio in passato era considerata, spesso, un’attività prettamente maschile. Era il capofamiglia che, lavorando e producendo reddito, aveva il compito di prendere decisioni finanziarie che impattassero su tutto il nucleo familiare. E anche se oggi la situazione sta cambiando, le donne, pur intervenendo sempre più spesso nelle scelte di risparmio, hanno ancora un ruolo spesso marginale.

Uno sguardo sociologico

Va poi considerato anche il livello di istruzione e dunque di alfabetizzazione finanziaria. Nel più recente “Gender Gap Report 2022” del World Economic Forum, che ha mappato la situazione in 146 Stati tra cui l’Italia, per esempio, emerge che nel nostro paese è ancora basso il numero di donne laureate in materie STEM, acronimo dall’inglese che include tutte le materie di studio scientifico, vale a dire, appunto, scienze, tecnologia, ingegneria, matematica e statistica.

Come investono le donne?

Come investono le donne?

Sebbene la scelta degli investimenti non abbia colore di genere, tuttavia studi e ricerche sono riusciti a identificare un approccio tendenzialmente diverso nella gestione del denaro, delineando quindi una sorta di identikit. In linea generale le donne tendono a essere molto più prudenti rispetto agli uomini e meno soggette all’emotività. Lo confermano i dati contenuti nel Rapporto Consob del 2022: gli analisti, infatti, hanno scelto di estendere il campione analizzato non solo ai capifamiglia, che sono in prevalenza uomini, ma anche ai loro partner e familiari conviventi, andando quindi a includere nell’analisi le donne che contribuiscono alle scelte finanziarie familiari.

La fotografia scattata dal rapporto, in riferimento unicamente al sotto-campione femminile, è netta: le donne sono più prudenti, hanno una maggiore avversione al rischio (74%) e alle perdite (22%) e soffrono di quella che in gergo tecnico viene definita “under confidence” nel 38% dei casi. Vale a dire, tendono a sottovalutare le proprie conoscenze e capacità in materia di prodotti finanziari, sostenibilità e servizi di investimento digitalizzati.

Non solo. Le donne investitrici, poi, fanno più volentieri ricorso al supporto di un professionista (sono il 43%, contro il 33% del sotto-campione maschile). E, di rado, si fidano a prendere decisioni finanziarie in modo autonomo (13% contro 19%).

Per promuovere progetti di indipendenza economica femminile, BPER Banca aderisce al progetto Donne al Quadrato creato da Global Thinking Foundation, fondazione no-profit nata nel 2016, allo scopo di sviluppare competenze finanziarie, assicurative e previdenziali.

 

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