Che cos’è l’economia del mare?

Possiamo partire da questa domanda per approfondire un mondo  che viene sostenuto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza e spesso è invisibile da chi non vive vicino agli 8.300 km di coste italiane. La definizione della Commissione europea comprende tutte le attività legate al mare che si svolgano direttamente nell’ambiente marino (ad esempio, i prodotti ittici e i trasporti marittimi) o sulla terraferma (ad esempio, le attività portuali e la cantieristica navale).

L’Economia del Mare non è stata negli anni passati al centro dell’Agenda politica del nostro Paese, ma il contesto istituzionale, economico, sociale attuale, sta dando una scossa al settore, candidandolo a tenere il passo dei competitor nordeuropei.

Secondo il X Rapporto nazionale sulla Blue Economy italiana, realizzato da Unioncamere e Centro Studi delle Camere di Commercio, l’Italia si colloca al 3° posto per valore aggiunto tra i Paesi europei, con il 13.5%, al 2° posto nel settore del Trasporto marittimo e al 3° nella Cantieristica navale nel Turismo costiero.

Possiamo analizzare il rapporto sopracitato per capire come l’economia del mare sia interconnessa con gli altri settori. In tal senso, è stato calcolato un coefficiente, definito moltiplicatore, che indica quanto valore aggiunto viene attivato, per ogni euro prodotto da un’attività della Blue Economy, in tutte le altre attività che contribuiscono alla sua realizzazione.

Veniamo ai dati: per ogni euro di valore aggiunto prodotto se ne attivano altri 1,7 nel resto dell’economia. Questo significa che i 51,2 miliardi di euro di valore aggiunto prodotto dall’economia del mare nel 2020 hanno attivato altri 84,8 miliardi negli altri settori economici, per un valore aggiunto complessivo che raggiunge i 136 miliardi di euro, pari al 9,1% del valore aggiunto prodotto dall’intera economia nazionale.

Dati che potranno ancor più beneficiare del Piano nazionale di ripresa e resilienza che si pone come un corridoio strategico per adeguarci agli standard europei e potenziare la competitività del settore. Gli obiettivi degli investimenti descritti nel Piano vanno dalla tutela della biodiversità, fino al contributo per uno sviluppo sostenibile e circolare delle attività blu fino all’incremento delle energie rinnovabili marine e alla digitalizzazione della logistica portuale. Ma vediamo meglio nel dettaglio quali sono gli interventi previsti.

Il primo ambito di intervento della Componente 2 della Missione 3 del PNRR, si dedica allo “Sviluppo del sistema portuale”. Per ridurre al minimo la dipendenza dai combustibili fossili e l’impatto ambientale del settore marittimo, sono previsti interventi da 270 milioni di euro per migliorare la sostenibilità ambientale dei porti e ulteriori 700 milioni di euro per elettrificare le banchine. Sempre nell’ambito della M3C2, sono previsti 1.47 miliardi di euro dedicati al miglioramento dell’accessibilità marittima attraverso interventi di potenziamento e consolidamento delle dighe, delle banchine, dei moli e alla realizzazione di nuove piattaforme logistiche per adeguare le infrastrutture alla misura delle navi e alla transizione energetica della mobilità marittima. Intervento complementare per 390 milioni di euro è previsto per aumentare la capacità portuale attraverso opere di dragaggio, la realizzazione di nuovi moli e nuove piattaforme logistiche.

Anche nell’ambito della Missione 2 (Economia circolare e agricoltura sostenibile) sono previste importanti risorse dedicate specificatamente al settore. Troviamo un investimento di 800 milioni di euro per sostenere il rinnovo delle flotte navali e contribuire alla riduzione dell'impatto ambientale del trasporto marittimo, migliorare la coesione sociale assicurando la continuità territoriale attraverso servizi marittimi sostenibili di cui verranno potenziate attrattività e comodità per i passeggeri. Stanziati anche 400 milioni per il ripristino e tutela dei fondali e degli habitat marini, finalizzato a invertire la tendenza al degrado, potenziando la resilienza ai cambiamenti climatici e favorendo la sostenibilità di attività fondamentali non solo per le aree costiere, ma anche per filiere produttive fondamentali a livello nazionale: settore ittico, turismo, nutraceutica.

Sempre nell’ambito della Missione 2 sono previsti 2 miliardi per lo sviluppo della logistica per i settori, tra gli altri, della pesca e dell’acquacoltura, ai quali sono dedicati 50 milioni di euro.

Ulteriori fondi, trasversali alle missioni e componenti del Piano nazionale, impatteranno indirettamente l’Economia del Mare. Sempre nella Missione 2, ad esempio, troviamo i progetti “faro” di economia circolare, per i quali sono stati stanziati 600 milioni di euro, proponendo investimenti per lo sviluppo di tecnologie avanzate di riciclo meccanico e chimico dei rifiuti plastici in mare.

Saranno coinvolte anche le isole con il progetto Isole verdi (stanziati 200 milioni di euro). Diciannove piccole isole faranno da “laboratorio” per lo sviluppo di modelli "100 per cento green" e autosufficienti. Restando in tema di energia il Pnrr prevede anche la realizzazione di impianti innovativi di generazione dell’energia offshore, cioè in mare aperto. Questi progetti dovranno combinare      tecnologie ad alto potenziale di sviluppo con tecnologie più sperimentali (come i sistemi che sfruttano il moto ondoso). L’investimento, in ogni caso, sarà accompagnato da una riforma per semplificare le procedure di autorizzazione per gli impianti rinnovabili offshore ed un nuovo quadro giuridico per sostenere la produzione da fonti rinnovabili. Altro esempio di impatto indiretto lo troviamo nella Missione 1 del Piano, dove è previsto un investimento di 1,2 miliardi di euro per aumentare l’attrattività dei borghi, anche quelli costieri, per un turismo sostenibile alternativo, per la rigenerazione culturale dei piccoli centri e il rilancio turistico.

L’Economia del Mare, sempre più al centro del dibattito dell’Unione Europea, si pone quindi come un’opportunità per il nostro Paese per definire una strategia di sviluppo e per far valere la propria identità marittima, guidando il connubio tra tutela dell’ambiente ed economia.