Il Cile è il primo produttore di rame e il secondo di litio al mondo

Dopo aver analizzato i casi di Vietnam e India, due mercati asiatici che presentano interessanti prospettive di crescita, guardiamo ora al Sud America: ci focalizziamo, in particolare, sul Cile, player fortemente integrato sui mercati internazionali, nonché partner storico per l'Unione Europea.

Il Cile gode di stabilità politica e macroeconomica e si colloca tra i principali Paesi dell’America latina in termini di PIL pro capite, misurato in dollari correnti. Secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale, il PIL pro capite cileno nel 2022 ha preceduto nel ranking paesi come l’Argentina e il Brasile, ma anche il Perù, la Colombia e la Bolivia.
Guardando ai dati di export, vediamo come l’economia del paese sia fortemente concentrata sul fronte delle materie prime: parliamo, soprattutto, di rame e minerali di rame.

Export Cile per comparto merceologico (2022)
Fonte: Elaborazioni StudiaBo su dati ExportPlanning.

Il Cile rappresenta infatti il maggiore produttore di rame al mondo, con una quota del 27% nel 2021, ospitando due delle più grandi miniere su scala internazionale (Escondida e Collahuasi); nel ranking dei maggiori paesi produttori, seguono il Perù (10%) e la Cina (8%). Il Cile è inoltre il secondo maggior produttore di litio, alle spalle della sola Australia.

Entrambi questi metalli giocano un ruolo chiave per la transizione green.
Il litio è un metallo leggero utilizzato nei catodi delle batterie agli ioni di litio, che alimentano i veicoli elettrici; la domanda di litio è andata quindi significativamente ad aumentare negli ultimi anni, di pari passo con la transizione dell’automotive verso l’elettrico. A sua volta, il rame riveste una posizione centrale nella lotta al cambiamento climatico, dato il suo impiego nelle tecnologie per le energie rinnovabili, come i pannelli solari e le turbine eoliche.
Il settore minerario si colloca quindi in una posizione di primo piano nel trainare l’economia del paese, contribuendo per oltre il 10% al PIL nazionale.

 

UE-Cile, una partnership storica

Come raccontato per il Vietnam, anche il Cile risulta un paese molto aperto dal punto di vista del commercio estero, vantando numerosi free trade agreement. Si colloca in questo filone anche l’Unione Europea, legata al Cile da ormai un ventennio da un accordo di libero scambio.

Lo scorso dicembre si sono concluse le negoziazioni, avviate nel 2017, volte a modernizzare l’accordo (“Accordo quadro avanzato”), rafforzare il dialogo politico, la cooperazione e promuovere nuove opportunità di commercio e investimento, a fronte dei cambiamenti politici, economici e sociali avvenuti nell’ultimo ventennio. Sono stati, inoltre, messi al centro delle relazioni valori condivisi come i diritti umani, il commercio sostenibile e la parità di genere.
L’Unione punta quindi ad incrementare le opportunità di commercio e investimento in una delle maggiori economie dell’America latina; oggetto di particolare attenzione, in questo contesto, è la possibilità per l’UE di avere accesso a commodity critiche, per sostenere il processo di transizione green.

Quando il nuovo accordo entrerà in vigore, la quasi totalità delle esportazioni UE in Cile saranno tariff free e sarà più semplice per le compagnie europee fornire servizi nel paese sudamericano.

 

Gli scambi commerciali

Andiamo allora ad approfondire l’attuale quadro degli scambi UE-Cile, guardando agli ultimi dati di commercio estero.
L’UE rappresenta per il Cile il terzo partner commerciale (sia in termini di import che di export), dopo la Cina e gli Stati Uniti. Come si nota dal grafico di seguito, l’export UE verso il Cile ha mostrato una crescita dinamica in seguito all’accordo del 2003 e allo stato attuale, l'Unione vanta un saldo commerciale positivo di quasi 3 miliardi di euro per il 2022 (stime ExportPlanning su dati Eurostat).

Le esportazioni UE verso il Cile abbracciano numerosi settori, in primo luogo i mezzi di trasporto (quasi il 20% del totale esportato, pari a oltre 1.9 miliardi di euro nel 2022); segue il comparto dei prodotti per la salute (farmaci, strumenti e attrezzature) che pesano per il 10% (1.1 miliardi di euro) e che hanno mostrato una crescita pressoché continua dai primi anni 2000, ad un tasso medio annuo superiore al 10%.
Si è invece concentrato soprattutto nell’ultimo decennio l’aumento della domanda di beni intermedi chimici (che vanno ad alimentare l’industria locale), di prodotti finiti per la persona (che nel 2022 hanno rappresentato il 6% del totale esportato dall’UE verso il Cile) e del comparto degli alimentari confezionati e bevande (5%).

Risultano invece molto più concentrate a livello merceologico le importazioni UE dal Cile che, in linea con i trend osservati a livello globale, si focalizzano a loro volta su rame e minerali di rame per quasi il 40% del totale importato nel 2022; tale quota sale ad oltre il 55% considerando il totale delle materie prime naturali ed industriali. Riveste un ruolo di rilievo anche il comparto alimentare, pari quasi al 20% dell’import UE dal Cile per i beni intermedi e finali non confezionati e attorno al 10% per gli alimentari confezionati e bevande.

 

Uno sguardo all’Italia

Focalizzandoci sull’export italiano verso il Cile, vediamo come anch’esso abbia beneficiato dell’accordo di libero scambio, mostrando un tasso di crescita medio annuo del 7% a partire dall’anno successivo alla sua entrata in vigore. Tra i paesi UE, l’Italia si classifica al quarto posto tra i maggiori esportatori sul territorio cileno, secondo i dati 2022, pressoché a pari livello con il competitor francese, e alle spalle di Germania e Spagna.

In linea con quanto osservato per l’Unione, anche per l’export made in Italy il comparto dei mezzi di trasporto e per l’agricoltura riveste un ruolo di primo piano; le esportazioni del settore verso il Cile hanno toccato nel 2021 un punto di massimo di quasi 200 milioni di euro, per poi frenare parzialmente nel 2022. Seguono i prodotti finiti per la persona, in chiara crescita nel 2021, dopo alcuni anni di rallentamento.
Troviamo poi i comparti destinati ad alimentare l’industria tra i settori chiave che trainano il nostro export verso il Cile: si spazia dalla componentistica meccanica ed ottica, ai macchinari e le attrezzature per i processi industriali, i beni intermedi chimici e l’elettrotecnica. Emerge quindi con chiarezza il potenziale dell’Italia nel fornire tecnologie avanzate all’apparato industriale cileno.

 

Focus investimenti

L’interesse dell’Unione per il Cile non emerge soltanto a livello di scambi e accordi commerciali, ma anche dal fronte degli investimenti diretti esteri (IDE): secondo i dati del Banco Central de Chile, l’UE rappresenta infatti il maggiore investitore nel paese sudamericano.
I dati sui flussi di IDE in entrata mostrano come, su un totale di 14 miliardi di dollari in entrata nel 2021, oltre 12 sono venuti dall’Europa. Gli investimenti UE sono presenti in quasi tutti i settori dell’economia cilena e sono leader nel comparto delle energie rinnovabili.

Cile: flusso di IDE in entrata, per paese partner (2012-2022)
Fonte: Elaborazioni StudiaBo su dati ExportPlanning.

Secondo le ultime news rilasciate dal governo cileno, nel 2022 il flusso complessivo di IDE in entrata è aumentato di oltre il 30%, sfiorando i 21 miliardi di dollari – cifra che risulta ampiamente superiore rispetto alla media dell’ultimo ventennio. Benché il 2023 non si preveda un anno facile per l’economia mondiale, come emerso anche dall’ultima release del World Economic Outlook, e i flussi di IDE possano risultarne penalizzati, il Cile si è dichiarato concentrato nel promuovere opportunità soprattutto nei settori a più elevato valore aggiunto e innovativi, come l’energia pulita e l’economia circolare, accogliendo gli investitori che siano orientati a progetti di sviluppo sostenibile.