Come emerso chiaramente durante l’ultimo G7, tenutosi in Cornovaglia nel mese di giugno, le crescenti preoccupazioni da parte dell’amministrazione USA in merito all’ascesa della Cina sono sempre più evidenti, allargando il conflitto sino-americano ben oltre il fronte commerciale. Infatti, se da una parte l’ultimo meeting delle sette superpotenze è stato all’insegna di una rinnovata amicizia tra USA e Unione Europea, dall’altro il presidente Biden ha voluto sollecitare i propri alleati ad assumere posizioni più intransigenti nei confronti del paese del Dragone. Non tutti i paesi europei si sono trovati d’accordo ad assumere tale posizione, date le enormi potenzialità offerte dal mercato cinese, per prospettive e dimensioni. Inoltre, a seguito del deterioramento dei rapporti UE-USA e in un contesto di emergenza sanitaria, l’interscambio commerciale UE-Cina è significativamente cresciuto, a differenza di quello tra UE e Stati Uniti. In questo contesto, può essere utile analizzare le diverse opportunità offerte all’export made in Italy da questi due mercati.

Sebbene gli Stati Uniti rappresentino senza dubbio uno dei principali mercati di sbocco per i prodotti italiani, posizionandosi al terzo posto nella lista dei paesi partner nel 2019, nel corso degli anni la Cina è diventata un mercato sempre più ricco di opportunità per le imprese italiane a proiezione internazionale.
Per avere un quadro della dinamica del commercio italiano verso Cina e Stati Uniti nel corso dell’ultimo quarto di secolo, è utile analizzare l’andamento delle esportazioni, riportando a 100 il valore dell’export nell’anno 2015. Dopo l’entrata della Cina nel commercio internazionale, e in particolar modo nel periodo successivo alla Grande Recessione, il valore delle esportazioni italiane verso Pechino è infatti quadruplicato, superando in termini di performance relative i flussi commerciali nazionali verso gli Stati Uniti.

 

Dopo i diversi anni trascorsi per un ritorno sui livelli precedenti alla crisi del 2008-2009, nell'ultimo quinquennio le esportazioni italiane verso Washington hanno registrato un trend di crescita, interrotto solo nel 2020 a causa degli effetti della crisi pandemica e delle politiche di lockdown. Al contrario, la crescita del made in Italy verso la Cina ha conosciuto un rapido aumento nel periodo considerato, solo debolmente interrotto nel biennio 2015-2017 in seguito della crisi cinese.

Complessivamente, la performance dell’export italiano sul mercato cinese sembra esser stata maggiormente soggetta a variazioni nell’ultima decade, ma è importante sottolineare come il Paese del Dragone sia stato uno dei pochi mercati di sbocco delle esportazioni italiane ad aver chiuso il 2020 in crescita. Spostando infatti l’analisi sulla situazione congiunturale, si evidenzia chiaramente come la dinamica dell’export italiano verso questi paesi abbia mostrato una evidente antitesi nel periodo più recente.

Come emerge dalla fig. 2, nel periodo precedente alla crisi pandemica per l’export italiano verso gli Stati Uniti si segnalano tassi di crescita positivi e prossimi al 10%; è invece nel secondo trimestre del 2020 che si registra la più profonda caduta, attorno all'ordine di grandezza del 30%. Al contrario le esportazioni verso la Cina dimostrano una maggiore resilienza nella fase pandemica, grazie all’ampio recupero che ha caratterizzato l’economia cinese.

In ultima analisi può essere utile focalizzare la nostra attenzione sulla performance di lungo e breve periodo dell’export dei diversi comparti del made in Italy.

 

Performance per industrie

Sul fronte della filiera moda, si segnala una crescente apertura del mercato cinese, con dei tassi di crescita che, a fronte di qualche eccezione, superano la performance degli Stati Uniti. Al contrario, sia l’export della chimica e farmaceutica che dell'agroalimentare sembrano aver conseguito le migliori performance verso gli Stati Uniti negli ultimi anni.

Tuttavia, articolando la nostra analisi in un’ottica congiunturale, i risultati dei vari settori si connotano di una certa frammentarietà, disegnando un quadro della ripresa post-pandemica in netta contrapposizione.
Come nel caso precedente, la mappa che segue consente di confrontare l’andamento delle esportazioni italiane verso Stati Uniti e Cina, riportando sugli assi le variazioni sperimentate dalle differenti industrie nel primo semestre 2021 rispetto al medesimo periodo del 2019.

 

Se da una parte le esportazioni verso gli Stati Uniti si stanno caratterizzando per una forte ripresa della filiera agroalimentare e arredo casa, industrie “figlie” delle nuove abitudini di acquisto imposte dal contesto pandemico, dall’altra l’export della filiera moda italiana sembra aver conseguito risultati più performanti in Cina, consolidando la tendenza già sperimentata nei periodi precedenti.
In controtendenza e di particolare interesse è il risultato delle esportazioni italiane verso la Cina di prodotti caseari (E0.14), uno dei settori più penalizzati dall’azione tariffaria durante la precedente amministrazione statunitense.

L’analisi delle esportazioni Italiane verso Cina e Stati Uniti ha evidenziato la crescita e la resilienza che hanno caratterizzato l’export verso Pechino, nonchè le opportunità che questo paese può offrire alle imprese italiane. La Cina, inoltre, si dimostra mercato chiave per i beni di lusso, poiché caratterizzata da una classe media in fervente crescita. L'analisi dell'evoluzione delle vendite sul mercato cinese di prodotti Made in Italy segnala quindi non soltanto una elevata dinamica di crescita dei valori complessivi del mercato, ma soprattutto una crescente rilevanza della fascia di prezzo Alta (arrivata a consuntivo 2020 a rappresentare circa il 50% dei flussi).
In contropartita, permangono diversi elementi di criticità dovuti non solo alla distanza geografica, ma anche all’esistenza di barriere tariffarie e culturali. Nonostante alcuni progressi nel dialogo commerciale tra UE e Cina, le barriere all’accesso al mercato cinese di natura tariffaria e non, soprattutto nel comparto alimentare, rappresentano un evidente ostacolo per l’export delle PMI. Inoltre, sebbene vi sia un numero crescente di consumatori attratto dalla cultura e dallo stile occidentali, permangono difficoltà nel fare breccia in un mercato che presenta significative differenze rispetto a quello nazionale. Al contrario, alla luce del progressivo abbandono delle politica protezionistica e alla stabilizzazione dei rapporti UE-USA, esportare negli Stati Uniti risulta certamente meno rischioso.