Nell’ultimo decennio i flussi internazionali di calzature hanno mostrato una forte  accelerazione, registrando un tasso di crescita medio annuo di oltre l’8% tra il 2009 e il 2019. In linea con le difficoltà sostenute dall’intera filiera del sistema moda-persona, la diffusione della pandemia ha frenato la crescita della domanda mondiale, che ha registrato nel 2020 delle perdite a doppia cifra. Le restrizioni alla mobilità delle persone, accompagnate da un clima d’incertezza sul futuro, hanno portato le famiglie di tutti paesi del mondo a ridurre drasticamente gli acquisti di beni voluttuari.

Tuttavia, a fronte delle ampie flessioni registrate nei mesi più critici dell’emergenza sanitaria, a partire dalla seconda metà del 2021 il settore calzaturiero sembra aver avviato una nuova stagione di ripresa per il commercio mondiale, aprendo il primo trimestre del 2022 su livelli superiori a quelli pre-pandemici (+8.6% rispetto allo stesso periodo del 2019).

 

Il grafico che segue permette di confrontare il recupero dall’export italiano con quello mondiale, portando a 100 il valore delle esportazioni del primo trimestre 2019. Inoltre, al fine di depurare le serie storiche dalle variazioni stagionali, la dinamica delle esportazioni è calcolata a partire dai valori cumulati annui.

Complessivamente, appare evidente che la performance delle esportazioni italiane si sia caratterizzata per una maggiore resilienza e un recupero più marcato rispetto alla media delle imprese internazionali. L'industria calzaturiera costituisce infatti uno dei fiori all'occhiello del made in Italy, rinomata in tutto il mondo come emblema di qualità, lusso ed eleganza.   

 

Sull’arena competitiva internazionale, nonostante la Cina sia la leader indiscussa del comparto, coprendo da oltre 10 anni più di un terzo della domanda mondiale, il Belpaese si colloca al terzo posto tra i principali player, superando i 10 miliardi di euro di export nel 2021, con un posizionamento distintivo sui segmenti premium price.

In questo contesto, le strategie di mercato delle imprese cinesi e italiane si collocano agli antipodi: mentre il Paese del Dragone presidia saldamente le fasce di mercato di qualità medio-bassa, nei segmenti di fascia alta l'Italia domina la scena internazionale, detenendo circa il 40% delle quote di mercato.

A seguito dell’entrata del competitor cinese sul mercato calzaturiero, le differenze in termini di costo del lavoro hanno impedito alle imprese italiane di poter competere sulle fasce di minor qualità, spingendole progressivamente ad orientarsi verso i segmenti premium price.

 

Analisi dei distretti

Il settore calzaturiero segue un modello industriale tipico dell'economia italiana, basato su uno schema distrettuale in cui le piccole imprese e realtà di maggiori dimensioni convivono, dando vita ad un patrimonio economico e culturale di notevole rilevanza.

La vendite di calzature verso i mercati esteri sono prevalentemente riconducibili a quattro territori: il distretto toscano di Firenze, quello lombardo di Milano, quello veneto del Brenta (in particolare, Treviso e Venezia) e quello marchigiano di Fermo.

Sebbene la ripresa post-Covid risulti diffusa, non sembra essere omogenea tra i principali distretti produttivi del settore. Infatti, l’analisi dei dati di commercio estero evidenzia come solo due territori su cinque abbiano registrato, nel 2021, un incremento rispetto ai valori del 2019.

 

La crescita più significativa riguarda  i distretti di Firenze – prima provincia italiana per valore esportato nel 2021 – e Milano, che registrano incrementi superiori ai 200 milioni di euro sul 2019. Un ruolo trainante è stato ricoperto dai risultati segnati sui mercati di Stati Uniti, Francia, Cina e Svizzera.

Al contrario, i distretti di Fermo e delle due città venete hanno chiuso il 2021 non colmando il gap con i livelli pre-pandemici. In particolare, malgrado si rilevino dei deboli segnali di recupero, l’area di Fermo è stata sicuramente quella maggiormente penalizzata dallo scoppio dell’emergenza sanitaria, e risulta ancora profondamente lontana dal recuperare dei livelli di export pre-pandemia. Da segnalare inoltre come, già nel periodo precedente alla pandemia, le vendite estere del distretto marchigiano stessero sperimentando una profonda fase d’incertezza, a vantaggio delle altre aree distrettuali. Focalizzando la nostra attenzione sul portafoglio mercati del distretto di Fermo,  notiamo infine una significativa incidenza della Russia, al terzo posto tra i principali paesi importatori dopo Cina e Germania.

La chiusura de facto del mercato russo per le imprese occidentali con ogni probabilità rallenterà ulteriormente il recupero delle esportazioni del distretto marchigiano, imponendo alle imprese presenti su tale mercato di ri-orientare le proprie strategie di internazionalizzazione verso destinazioni alternative. Nei prossimi mesi, il monitoraggio dei dati di commercio estero consentirà di anticipare i possibili sviluppi futuri dell'attuale situazione