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Gli Stati Uniti, primo importatore di prodotti italiani al di fuori della UE, rappresentano un mercato strategico per le esportazioni di cibo e bevande del Belpaese. Le imprese esportatrici italiane possono quindi brindare al congelamento, concordato lo scorso giugno, delle tariffe imposte dagli USA sui prodotti di provenienza UE a fine 2019, in relazione alla controversia Airbus-Boeing. Oltre a segnare un nuovo passo nei rapporti transatlantici, l’intesa raggiunta a Bruxelles costituisce quindi una buona notizia per l’export agroalimentare made in Italy, che rappresenta circa l’11% del totale delle vendite italiane negli USA, e che è risultato parzialmente coinvolto dai dazi imposti dall’amministrazione Trump. La performance delle esportazioni italiane del settore non è tuttavia omogenea sull’intero territorio americano. Analizzando i dati sui flussi di commercio dei singoli stati federali, è possibile identificare le aree più attivamente coinvolte dagli scambi con l’Italia. In particolare, gli stati americani che assorbono più della metà dell’export agroalimentare sono New Jersey, California e New York. Mentre le vendite verso il New Jersey riguardano principalmente il comparto dei vini, dei formaggi e dell’olio d’oliva, prodotti che riscontrano maggior successo in California e nello stato di New York sono, insieme al vino, la pasta di grano duro e le acque minerali.

Lo scorso 15 giugno Stati Uniti ed Unione Europea hanno concordato di sospendere, per i prossimi cinque anni, le tariffe reciprocamente imposte nell’ottobre 2019 nel contesto della controversia Airbus-Boeing, che durava da oltre 17 anni. Le imprese esportatrici italiane possono quindi brindare alla svolta. Si tratta di un provvedimento atteso in particolar modo dal made in Italy agroalimentare, che mette così in salvo una lunga lista di specialità che, da ottobre 2019 a febbraio 2021, hanno subito dazi aggiuntivi del 25% sulle vendite verso gli Stati Uniti.
Con un valore di circa 4.8 miliardi di euro nel 2020, gli USA rappresentano infatti il principale mercato di sbocco per il food & beverage italiano al di fuori dei confini comunitari, ed il secondo in assoluto dopo la Germania. Il settore emerge da un decennio di crescita sostenuta degli scambi con il partner americano, che hanno registrato un tasso di crescita medio annuo pari al 7.5%. Nonostante il calo tendenziale dell’export nel primo trimestre di quest’anno (-6% rispetto al corrispondente periodo del 2020), i dati ExportPlanning sul secondo trimestre stimano un incremento del 14% per la domanda americana di prodotti italiani, mostrando quindi un netto recupero sui valori pre-pandemici e continuando lungo il trend di forte crescita iniziato nel 2010.

Analizzando la dinamica tendenziale delle vendite negli Stati Uniti, si evince come la loro performance sia caratterizzata da una discreta omogeneità a livello geografico, mostrando risultati più o meno in linea sull’intero territorio americano. Ciò è riportato nel grafico di seguito, che mostra la dinamica della esportazioni italiane di prodotti alimentari verso gli USA, dal I trimestre 2020 al II trimestre 2021.

Come emerge dalla fig.1, nel secondo trimestre del 2021 importanti incrementi dell’export si registrano soprattutto verso gli stati federali posizionati a Sud e sulla East Coast, con vendite che segnano rispettivamente aumenti del 61.4% e del 46.6% rispetto al corrispondente periodo del 2020. Anche le esportazioni italiane verso il Midwest viaggiano su simili ritmi di crescita (+45%), rafforzando la propria tendenza positiva già evidente nel corso dei due trimestri precedenti. Più contenuto l’aumento delle esportazioni verso gli stati dell’Ovest (+11%), che tuttavia incontrano, nell’arco del 2020, il calo meno brusco: soltanto nel III trimestre dello scorso anno esse registrano, infatti, una variazione col segno meno, soprattutto grazie al sostegno dalla domanda californiana.

 

Mappatura e performance dell’agroalimentare made in Italy

Per comprendere le potenzialità del comparto agroalimentare italiano negli Stati Uniti, è necessario approfondire l’interscambio commerciale sia in termini di tipologia di prodotti esportati che di stati di destinazione.

Nel dettaglio, uno sguardo a livello territoriale permette di cogliere le differenze tra i singoli stati, suggerendo quali sono, al momento, i mercati di sbocco più vivaci. Il grafico sottostante mostra, per ogni stato federale, il totale in valore delle merci importate dall’Italia nel 2019 ed il prodotto maggiormente acquistato, mentre la variazione delle importazioni tra il primo semestre del 2021 e del 2019 è segnalata dai colori presenti (rosso se negativa, verde se positiva).
In merito alle destinazioni geografiche dell’export, le variazioni più vivaci sono state registrate nel New Jersey, che conferma la sua leadership in quanto primo importatore di agroalimentare italiano, seguito da Pennsylvania e California. Segnali piuttosto incoraggianti arrivano anche dai dati relativi al commercio con gli stati del Sud: fra i primi sei mesi del 2021 ed il corrispondente periodo del 2019, le esportazioni del Belpaese verso TexasGeorgiaTennessee e Florida sono aumentate rispettivamente di 532821 e 19 milioni di euro, dimostrando una particolare dinamicità nel contesto nazionale. La maggiore flessione si registra invece nell’Ohio, con un valore di importazioni diminuito di 7 milioni rispetto al 2019, mentre decrementi più contenuti vengono riportati ad Ovest (Washington ed Oregon) e a Nord-Est (Vermont, New Hampshire, Connecticut).

Fra i prodotti protagonisti delle vendite oltreoceano, vinoolio e formaggi sono i più amati dai consumatori americani. A trainare l’export sono i vini fermi (1.2 miliardi di euro nel 2019), diffusi in modo omogeneo sull’intero territorio, seguiti dallo spumante (404 milioni di euro), apprezzato in particolar modo da Pennsylvania e Hawaii (è importante ricordare che i dazi USA in vigore da Ottobre 2019 non hanno riguardato i vini italiani, rimasti fuori dalla disputa commerciale, a differenza di quelli francesi e spagnoli). Al terzo e quarto posto troviamo rispettivamente olio d’oliva (344 milioni di euro) e formaggi (296 milioni di euro). Di questi ultimi, circa i due terzi del totale esportato sono diretti nel New Jersey, primo importatore di prodotti caseari italiani. Tra gli altri beni, vale la pena menzionare la domanda di pasta di grano duro da parte di Illinois e Virginia, che nel 2019 ha toccato un massimo storico per entrambi gli stati (pari rispettivamente a 20 e 12 milioni di euro), e quella di cioccolata nel New Hampshire.

Degni di nota sono infine i settori merceologici che, nel primo semestre di quest’anno, hanno mostrato i ritmi di crescita più significativi. Fra questi troviamo:

  • il comparto dei dolci e dolciumi (+80% rispetto al primo semestre del 2019): in particolare, l’export di gelati verso la Pennsylvania è passato dai 2 ai 17 milioni di euro;
  • il comparto dei biscotti e prodotti da forno (+73%), con le esportazioni di cialde e cialdine che toccano il massimo storico di 30 milioni di euro;
  • il comparto della carne e del pesce (+60%): le vendite di carne di suini in New Jersey sono più che raddoppiate in due anni (da 18 a 42 milioni di euro).

 

Conclusioni

L’accordo raggiunto circa la sospensione dei dazi tra Stati Uniti ed Unione Europea costituisce un importante stimolo alle esportazioni del settore agroalimentare italiano, che trova nel partner americano il primo mercato di sbocco fuori dalla UE. La ripresa del dialogo transatlantico consente inoltre di puntare sul rilancio del sistema multilaterale di gestione degli scambi commerciali a livello globale, aprendo così nuove opportunità di crescita per le esportazioni italiane. Per il comparto agroalimentare il post-pandemia si apre dunque verso un nuovo assetto commerciale, che favorisce il posizionamento del Made in Italy nei principali mercati mondiali.