Effetto della Pandemia sul settore delle bevande alcoliche: un'analisi sul commercio estero.
DOMANDA MONDIALE - 18 Giugno 2021
di Lorenzo Fontanelli, Data Scientist
bevande export
La pandemia da Covid-19 ha portato sensibili cambiamenti agli stili di vita e di consumo su scala globale. Il comparto delle bevande alcoliche non fa eccezione. I dati sui flussi di commercio estero ci consentono di valutare l’impatto che la crisi sanitaria ha avuto su tale segmento, sia per le chiusure di ristoranti e bar, diversificate da stato a stato, che per i consumi in casa. Dopo nove anni di crescita costante, con scambi commerciali passati dai 48 miliardi di euro nel 2011 ai 71 miliardi nel 2019, il vino e le bevande alcoliche hanno risentito dello shock pandemico, riportando, su base tendenziale, una contrazione della domanda mondiale pari al -9.4%. A causare la performance negativa sono le esportazioni di distillati, che passano dai circa 27 miliardi nel 2019 ai 22 miliardi nel 2020. Il colpo più pesante della crisi è infatti ricaduto sulle vendite internazionali di whisky (-49%), vodka (-35%) e rum (-20%). Anche vino e birra registrano una flessione, seppur più contenuta. Tale risultato va letto anche alla luce delle pesanti restrizioni imposte al canale Horeca, e della conseguente riduzione del consumo di bevande alcoliche fuori casa. Il consumo domestico sembra aver infatti mitigato, seppur solo in parte, la flessione di alcolici a minor gradazione, come vino e birra, fenomeno che non sembra invece aver avuto luogo nel caso dei superalcolici. Guardando ai principali mercati di destinazione, diminuiscono significativamente gli acquisti da parte dei maggiori importatori, ovvero Stati Uniti (-5% rispetto al 2019), Germania (-7%) e Cina (-12%). Sul fronte italiano, l’export di alcolici ha subìto complessivamente un decremento del -3% nel 2020. La performance del Belpaese è decisamente migliore di quella del principale concorrente, la Francia, che chiude l’anno del Covid con una caduta delle esportazioni del -14%, a causa del crollo dei consumi di Champagne.
A causa delle restrizioni globali, la pandemia da Covid-19 ha generato un brusco cambiamento nel comportamento d’acquisto dei consumatori, influenzati sia dalla chiusura prolungata dei locali di ristoro che dal conseguente trasferimento dei consumi all’interno delle mura domestiche.
Un settore che è stato direttamente coinvolto in questo mutamento è quello del vino e degli alcolici. In quest’ottica, i flussi di commercio estero possono costituire un’utile misura dell’impatto della crisi economico-sanitaria sul comparto.
Per il 2020, i dati ExportPlanning mostrano una flessione della domanda mondiale di bevande alcoliche pari al -9.4% rispetto ai valori dell’anno precedente. Nello specifico, nel primo trimestre del 2020 la domanda mondiale incontra una diminuzione tendenziale del -4%, seguita da un crollo del -24% nel secondo trimestre, per poi cedere il passo ad un progressivo recupero nella seconda metà dell’anno. La contrazione segue un decennio di crescita sostenuta: dal 2011 al 2019, gli scambi commerciali del comparto hanno registrato un tasso di crescita medio annuo prossimo al 5%.
Il 2021 si apre su valori positivi, con la domanda mondiale che segna un incoraggiante +2.4% rispetto al corrispondente periodo del 2020.
Analizzando l’andamento della domanda mondiale a livello settoriale, emerge chiaramente la differenza nelle performance delle varie categorie merceologiche.
Nel grafico sopra riportato, che illustra la variazione tendenziale relativa al 2020 per gli scambi di birra, distillati, vino fermo e spumante, si evince che il comparto delle bevande alcoliche ha riportato perdite più o meno ingenti a seconda del prodotto preso in considerazione. A mostrare i cali più significativi sono i flussi di distillati e di vini spumanti, che accusano una flessione su base tendenziale rispettivamente del -16% e -14%. Più contenuto il decremento della domanda mondiale di birra (-3.9%) e vino fermo (-4.2%), che nei primi mesi di pandemia sono stati in grado di attutire il colpo, tornando a crescere dal terzo trimestre dell’anno. Se la generalizzata performance negativa dei superalcolici va letta certamente alla luce del peso che essi ricoprono nei canali Horeca, i dati relativi a birra e vino mostrano che i consumi domestici hanno attenuato la frenata al commercio di questi beni.
Ai fini dell’analisi, può essere particolarmente utile evidenziare la misura in cui i principali esportatori sono stati colpiti dalla crisi pandemica. La Francia, primo player nel settore, incontra, dopo la Gran Bretagna, la maggiore riduzione delle esportazioni (-14% rispetto al 2019).
Tale risultato è frutto, da una parte, del crollo della domanda di distillati (che valgono circa un terzo dell’export di bevande alcoliche dei cugini d’Oltralpe) e, dall’altra, della performance altrettanto negativa dello champagne, con un valore di esportazioni che passa dai 3.5 miliardi di euro del 2019 ai 2.6 miliardi del 2020. È importante inoltre sottolineare che, nell’arco dell’ultimo anno, lo champagne è stato direttamente coinvolto nel provvedimento tariffario imposto dagli Stati Uniti su alcune categorie di prodotti importati dall’Unione Europea nel contesto della controversia Airbus-Boeing, complicando così ulteriormente la tenuta degli scambi francesi nell’anno del Covid-19.
Export Italia: posizionamento e prospettive future
Nonostante la pandemia abbia influito negativamente sulle vendite di tutti i principali esportatori, l’impatto varia a seconda dei paesi. In particolare, è il commercio di alcolici italiani a segnare la caduta di minore intensità. Per il Belpaese, che nel 2020 chiude il proprio export con un -4% a valore (7.7 miliardi di euro) sull’anno precedente, gli effetti sono complessivamente più leggeri rispetto ai principali competitors europei, in primis Gran Bretagna (-21%) e Francia (-14%). La pandemia ha dunque portato ad un lieve miglioramento del posizionamento competitivo italiano, come mostrato nel grafico che segue. Tra i vari competitors mondiali, particolarmente interessante è il caso del Messico, secondo esportatore di birra (per un valore di 3.7 miliardi di euro) e protagonista di un netto miglioramento nell’anno del Covid-19.
Per comprendere meglio lo stato di salute del beverage italiano e le attuali potenzialità di crescita sui mercati esteri, è necessario analizzare la dinamica delle esportazioni delle diverse specialità durante il primo trimestre di quest’anno, mappando la ripresa della domanda di prodotti italiani tramite il confronto del tasso di variazione dell’export nei primi tre mesi del 2021 con il corrispondente periodo del 2019.
Ad eccezione della birra, che mostra un tasso di crescita ancora distante da quello mondiale, gli altri segmenti sembrano essere già relativamente allineati sul cammino di ripresa mondiale. Il dato più confortante proviene dall’industria dei distillati, che registrano un tasso di crescita delle esportazioni pari al -5% rispetto al primo trimestre del 2019, a fronte di una performance meno brillante da parte degli altri paesi (-6.7%). In particolare, le esportazioni italiane di gin sono aumentate del +13.3% rispetto al primo trimestre del 2019. È tuttavia importante notare che il fenomeno di riconversione dei prodotti in igienizzanti e disinfettanti, con lo scopo di contrastare la diffusione del virus, può in parte spiegare la performance negativa del settore. Infine, si segnalano buoni risultati anche per la classe dei vini fermi e degli spumanti.
Conclusioni
L’analisi condotta ha evidenziato l’impatto della crisi pandemica sul comparto degli alcolici, soffermandosi sul diverso recupero delle esportazioni dei vari beni nel primo trimestre di quest’anno. Sebbene il calo delle vendite abbia interessato pressoché tutti i prodotti, l’export italiano ha dimostrato una maggiore resilienza rispetto ai principali competitori, avviandosi velocemente su un nuovo sentiero di crescita.
I dati confermano inoltre che, durante la pandemia, si sono affermati alcuni trend che hanno significativamente influenzato la dinamica delle vendite; primo fra tutti uno spostamento degli acquisti dal canale Horeca al consumo domestico, con intensità diversa tra i vari prodotti. Mentre i distillati hanno accusato un duro colpo a causa del crollo dei consumi del settore Horeca, vino e birra hanno visto aumentare i consumi domestici, sostenuti anche da una significativa crescita delle vendite tramite il canale e-commerce. Per i segmenti del beverage, il “commercio elettronico” si profila quindi come una grande opportunità di espansione nei mesi a venire.