Una categoria di prodotti sviluppatasi particolarmente dall’inizio del XXI secolo sono i cosiddetti beni green. Specialmente negli ultimi anni, nei quali la sensibilità rispetto all’ambiente è notevolmente aumentata a livello globale, questi beni sono diventati sempre più richiesti e indispensabili, poiché contribuiscono positivamente ad una crescita sostenibile ed uno sviluppo rispettoso dell’ambiente.
Il commercio mondiale negli ultimi 20 anni è più che triplicato, sfiorando nel 2020 i 600 miliardi di dollari. Con l’avvento della pandemia da Covid-19, il sentiero di crescita ha subito una battuta d’arresto nel primo semestre dello scorso anno; il picco negativo è stato raggiunto nel secondo trimestre, con un crollo del 15% su base tendenziale. Tuttavia nella seconda metà del 2020 si è ritornati rapidamente ai livelli pre-pandemici, con la domanda mondiale che nel IV trimestre è risultata in netta crescita tendenziale e ha toccato il livello record di 150 miliardi.
Per il prossimo futuro è ragionevole aspettarsi un incremento nella domanda di questi prodotti, in linea con la progressiva transizione ecologica e, in Europa, con l'attenzione ad essa riservata nel piano di rilancio post-pandemia: gli stati membri dovranno infatti destinare alla transizione green il 37% del fondi finanziati con il Recovery Fund, che per l’Italia corrisponde alla cifra di 76 miliardi di euro.

La crescente attenzione degli ultimi anni per un’economia sempre più ecosostenibile ha dato una forte spinta al commercio mondiale dei cosiddetti “beni green”. Questi beni e servizi sono ormai sempre più al centro della scena per il loro contributo positivo allo sviluppo economico, nel rispetto della sostenibilità ambientale.
L’etichetta di environmental goods copre diverse categorie di prodotti e servizi. Per avere un’idea più chiara dell’argomento, facciamo riferimento ad una classificazione ampiamente usata su scala internazionale, di fonte APEC (Asia-Pacific Economic Cooperation), che li raggruppa in alcune macro-aree tematiche: controllo dell'inquinamento, strumenti di monitoraggio ambientale, veicoli elettrici, gestione dei rifiuti, gestione del rischio ambientale, impianti di energia rinnovabile, gestione delle acque reflue.

 

Beni green: la dinamica della domanda mondiale

Come si nota dal grafico riportato di seguito (Fig. 1), la domanda mondiale di beni green ha mostrato una crescita pressoché costante dalla fine degli anni ‘90 ad oggi; si nota una particolare accelerazione nel primo decennio degli anni 2000, nella fase nascente dell’industria, un rimbalzo dopo la crisi del 2009 e un nuovo aumento negli anni più recenti, soltanto lievemente rallentato dallo shock pandemico.
Benché anche l’Italia sia coinvolta nella rivoluzione verde, con un valore di export di beni green pari a oltre 14 miliardi di dollari nel 2020, le vendite estere del Belpaese hanno mostrato una stagnazione negli ultimi 5 anni rispetto al trend, più dinamico, seguito dalle esportazioni globali.

 

La Fig. 1 mette a confronto la dinamica dell’export mondiale e la dinamica dell’export italiano di beni green, prendendo come anno base il 2010. Possiamo osservare come l’andamento delle due curve risulti piuttosto simile fino al 2016, anno nel quale inizia a crearsi una vera e propria forbice. In seguito, infatti, le esportazioni mondiali hanno proseguito il loro sentiero di crescita costante, mentre quelle italiane hanno subito una battuta d’arresto, culminata nel crollo dello scorso anno dovuto all’epidemia da SARS-CoV-2.
L’impatto del Covid-19 sull’export mondiale si è fatto particolarmente sentire nel II trimestre del 2020, durante il quale si è registrata una flessione tendenziale del -15%; per l’Italia la situazione è stata anche peggiore, con una variazione tendenziale che, nel II trimestre dell’anno passato, ha toccato quota -31%. Tuttavia la ripresa si è dimostrata piuttosto rapida: già dal IV trimestre del 2020 si è ritornati a livelli di commercio pre-pandemici, soprattutto a livello globale: in termini di domanda mondiale si è osservato una crescita tendenziale del 7% nel IV trimestre 2020, che ha portato ad una chiusura d’anno sostanzialmente in pari rispetto ai livelli del 2019.

Focus prodotto: i veicoli elettrici

Da un’analisi più approfondita delle categorie di environmental goods precedentemente elencate, spicca la crescita vertiginosa che ha caratterizzato i veicoli elettrici a partire dal 2016. Di seguito (Fig. 2) vengono riportati i principali paesi esportatori di auto elettriche nel 2019, che stanno guidando la costante crescita mondiale e hanno saputo sfruttare al meglio il boom che ha caratterizzato il mercato negli ultimi anni.

Il Giappone emerge saldamente alla guida dell’export di veicoli elettrici, superando quota 90 miliardi di dollari nel 2019; seguono a distanza Germania e Stati Uniti, con poco più di 55 miliardi a testa. Dai tre paesi leader di mercato si distaccano, in termini di entità delle esportazioni, competitori minori come Belgio, Corea del Sud e Regno Unito. Una caratteristica che accomuna tutti i paesi presenti nel grafico è la loro natura di paesi sviluppati, con sistemi industriali avanzati; fatta eccezione per la Turchia, formalmente ancora nel cluster degli emergenti.

 

Focus paese: l’export italiano di beni green

Concentrandoci sulla situazione italiana, nel grafico che segue (Fig. 3) vengono messe in evidenza le categorie di beni e servizi green che più caratterizzano le esportazioni del nostro paese.

 

La gestione dei rifiuti e gli impianti di energia rinnovabile sono i due filoni più sviluppati dell’industria italiana degli environmental goods; tuttavia nell’ultimo decennio le loro esportazioni hanno mostrato un andamento altalenante, in linea con quello complessivo dell’industria green italiana riportato nella Fig. 1. Anche l’export delle altre macro-aree risulta perlopiù stagnante nell’ultimo decennio.
Nel comparto delle auto elettriche, le esportazioni di italiane risultano estremamente basse: ciò suggerisce quindi come l’Italia non stia prendendo parte in modo significativo ad un comparto dell’industria green in significativa ascesa.

 

Conclusioni

Dall’analisi dei dati di commercio mondiale di beni green emerge il quadro di un’industria in crescita, anche grazie ai sempre maggiori investimenti messi in campo a livello nazionale e internazionale per la transizione ecologica. Con il progressivo passaggio verso un’economia più green, promosso anche dal Recovery Fund, è ragionevole pensare che la domanda di questi prodotti sia destinata ad aumentare ulteriormente. Gli stati membri dell’UE dovranno infatti destinare alla transizione green il 37% del fondi finanziati con il Recovery Fund, che per l’Italia corrisponde alla cifra di 76 miliardi di euro. Un utilizzo avveduto di questi fondi potrà non soltanto andare a beneficio dell’ambiente e di uno sviluppo maggiormente sostenibile, ma anche supportare l’industria green nel suo complesso. In particolare per l’Italia sarà fondamentale spendere al meglio i fondi europei, anche al fine di coadiuvare un rilancio dell’industria green nazionale ed il suo ritorno sul sentiero di crescita globale.