Uno dei settori che hanno riscontrato le maggiori difficoltà in seguito all’avvento della crisi del 2020 è sicuramente quello dell’automotive. Dopo il pesante shock pandemico, la filiera non ha ancora saputo recuperare al meglio, dimostrando tuttora, a distanza di oltre 2 anni, forti segnali di difficoltà.
Il grafico che segue mostra la variazione tendenziale delle immatricolazioni di autovetture nei primi 4 mesi del 2022, rispetto allo stesso periodo del 2021, per UE, USA, Cina e Giappone.

Come evidenziato in figura 1, le immatricolazioni di tutti i principali produttori sono in calo. La caduta maggiore si registra negli Stati Uniti (-23%), seguiti dal Giappone (-16%) e dall’Unione Europea (-14.4%). Tra i maggiori mercati europei, è proprio l’Italia a subire il crollo maggiore (-26% tendenziale nei primi 4 mesi del 2022), insieme a Danimarca (-24%), Austria (-20%) e Francia (-19%). Infine la Cina, benché a sua volta in territorio negativo, riesce a limitare la caduta al -4.2%.

Nonostante il generale crollo nelle immatricolazioni, per i nuovi acquisti di auto effettuati nell’UE negli ultimi mesi emerge un chiaro trend di spostamento verso i veicoli ad alimentazione elettrica.

Nel secondo trimestre 2022, per la prima volta la quota di auto elettriche e ibride ha superato il 40% del totale delle nuove immatricolazioni: nel secondo trimestre 2021, questa quota era infatti pari al 35%. I veicoli ibridi hanno superato quelli a diesel; inoltre, tanto questi ultimi quanto i veicoli a benzina, negli ultimi 12 mesi hanno perso circa il 3% di share a testa.
La crescita molto sostenuta, in termini di quota, delle auto ad alimentazione elettrica e ibrida è in parte imputabile all’introduzione di incentivi da parte degli organi di governo europei e dei singoli stati membri. Questi incentivi sono risultati particolarmente importanti sia come risposta alla crisi provocata dal Covid, sia come incentivo verso la transizione green del settore
e, come tali, sono andati soprattutto a beneficio dei produttori di auto elettriche.

Commercio mondiale

Anche esaminando i dati di commercio estero relativi all’industria automotive (inclusiva delle automobili e della relativa componentistica), non emergono segnali confortanti rispetto alla sua dinamica congiunturale.

Dopo la ripresa rispetto allo shock Covid avvenuta già sul finire del 2020, e durata fino al primo semestre 2021, dalla seconda metà dello scorso anno si registrano variazioni tendenziali negative per la domanda mondiale del comparto: nel I trimestre 2022 la domanda mondiale ha segnato una contrazione del 5% su base tendenziale, mentre le pre-stime per il secondo trimestre segnano una contrazione pari al 7%.

Focalizzando la nostra attenzione sulle esportazioni di autovetture del Belpaese, i dati mostrano come il calo dei primi due trimestri di quest’anno ammonti rispettivamente al 10% e al 12% su base tendenziale. Tale frenata rappresenta un duro colpo per l’economia italiana, laddove il settore automotive rappresenta il 6% del PIL nazionale. Il peso dell’automotive è rilevante non soltanto in termini di export, ma anche dal punto di vista del mercato interno: l’Italia risulta infatti il paese europeo col più elevato tasso di motorizzazione, ovvero di autovetture per numero di abitanti.

Conclusioni

Quali scenari per il prossimo futuro? Le difficoltà che il comparto sta attraversando sembrano ancora difficili da superare, e al momento l’incertezza pesa significativamente sulle prospettive del settore. Nonostante gli aiuti programmati dall’Unione Europea e dai vari governi statali, permane la frattura causata dalla pandemia e dalle difficoltà lungo le catene globali del valore, che continuano a pesare in termini di produzione.
Appare ormai in primo piano la prospettiva di una graduale transizione verso i veicoli elettrici, anche in relazione alla recente decisione del Parlamento europeo dello stop alla vendita di nuove auto a benzina e diesel dal 2035, con l’obiettivo di accelerare la transizione ecologica in corso. ACEA (European Automobile Manufacturers’ Association) sottolinea però come questa scelta implichi anche la necessità del rapido sviluppo di una rete di ricarica, nonché la garanzia di un accesso strategico ai nuovi materiali necessari alla transizione.