Le proteste per l’avvenuta approvazione della riforma delle pensioni in Francia hanno destato una certa reazione anche in Italia o, quantomeno, è stato uno spunto di riflessione per molte persone. Da una parte, alcuni hanno fatto notare come da tempo non si veda una mobilitazione simile nel nostro Paese, e certamente non per riforme di carattere politico. Dall’altra, sono molti coloro che hanno evidenziato come, con l’attuale aspettativa di vita, non rappresenti una tragedia andare in pensione a 64 anni invece che a 62, specialmente considerando che in Italia difficilmente si lascia il lavoro prima dei 67.

Un terzo, e forse più interessante tema, invece, è stato più trascurato: proprio per il fatto che grazie ai progressi nel campo della medicina oggi molte persone a 62 anni godono di buona salute, si sentono in diritto di godersi la pensione quando stanno ancora bene. “Non si vive per lavorare”, se si può sintetizzare con uno slogan questa posizione. Paragonabile, a tale riguardo, è l’importanza sempre maggiore che i lavoratori, specialmente i più giovani, danno al work-life balance. Letteralmente significa “equilibrio tra vita e lavoro”: coniugare la propria vita professionale con quella personale e privata.

Questa necessità è sempre più rilevante e urgente per i cambiamenti sociali e culturali avvenuti in questi anni. Innanzitutto, con il pieno ingresso delle donne nel mondo professionale, i carichi di lavoro a casa vanno equamente divisi: non esiste più una divisione tra partner che lavora e partner che si occupa di casa, famiglia e figli, dunque entrambi hanno bisogno di più tempo libero. Lavoro che, in molti casi, si fa sempre più totalizzante e da cui diventa difficile staccare. Da un sondaggio IPSOS condotto nel 2021, emerge che un migliore work-life balance è l’esigenza principale per il 65% dei lavoratori, seguita da una maggiore attenzione alla salute mentale (46%) e da un migliore ambiente di lavoro (44%).  Sempre più rilevante, poi, il tema della sindrome da burnout, segnalato da un terzo degli intervistati (33%).

Questa nuova situazione pone una grande sfida per le aziende, per vari motivi. Innanzitutto, imporsi sul mercato come un modello positivo a livello di work-life balance e di welfare aziendale aumenta sensibilmente l’attrattività verso i migliori talenti. In secondo luogo, dipendenti più soddisfatti sono sempre anche dipendenti più produttivi. Per questo, secondo la stessa indagine IPSOS, l’87% delle aziende ha posto in atto delle iniziative per il benessere dei dipendenti, con l’82% di esse che considera questo una priorità aziendale. Solo il 55% ha però una vera e propria strategia strutturata a riguardo.

Le modalità con cui migliorare il work-life balance dei dipendenti sono molteplici. A partire dallo scoppio della pandemia da Covid-19, il lavoro agile (o “smart-working) è stato “sdoganato”. Oggi è uno strumento insostituibile per molti dipendenti: il risparmio dovuto al non avere il tempo di trasporto (risparmio che è anche economico e ambientale) dà ai lavoratori la possibilità di godere al meglio delle ore della giornata. Accanto allo smart-working, alcune aziende (soprattutto quelle più grandi) forniscono dei veri e propri strumenti di welfare aziendale, come servizi di babysitting e asilo, oppure bonus per palestre, acquisti o attività ricreative. Anche la promozione di un più sano ed equilibrato stile di lavoro risulta essere apprezzata dai dipendenti.

A livello europeo, l’Italia si posiziona tutto sommato bene per quanto riguarda il work-life balance. Infatti, secondo l’European Life-Work Index del 2022, il nostro Paese si classifica nono, con un punteggio di 68,88 su 100. A pesare positivamente, sono un buon congedo di maternità e l’universalità del Servizio Sanitario Nazionale, che non rendono necessario (a differenza di altri Paesi) alle aziende offrire strumenti di welfare sanitario.

 

Certo resta ancora molto da fare, specialmente in alcuni ambiti del settore privato, dove troppo spesso l’orario di lavoro effettivo è ben maggiore di quello dichiarato sul contratto. Le nuove richieste dei giovani lavoratori porteranno però presumibilmente il mercato verso soluzioni che prevedano maggiore benessere e flessibilità.