I pannelli solari sul tetto, le auto elettriche per la flotta aziendale o il sostegno a progetti di educazione ambientale: sono solo alcuni degli esempi dell’impegno per la sostenibilità messo in campo dalle aziende italiane. Secondo il Censimento permanente dell’Istat il 75,8% delle imprese ha fatto almeno un’azione nella direzione della sostenibilità ambientale negli ultimi anni. Ma che cosa vuol dire per le imprese essere attente all’ambiente?

Per prima cosa, è importante capire quali sono state le tappe che hanno portato alla sensibilità attuale sui temi della sostenibilità. Questo ci aiuta a definire anche il perimetro dell’attività delle aziende. Le imprese inquadrano infatti la rendicontazione di sostenibilità all’interno del framework individuato dalle Nazioni Unite nell’Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile (Agenda 2030) proprio per evidenziare l’interconnessione tra obiettivi di business e obiettivi di sostenibilità. L’Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile (Agenda 2030) è stata approvata dalle Nazioni Unite nel settembre 2015: ha individuato nei 17 Obiettivi e 169 Target il percorso verso la sostenibilità per Paesi e organizzazioni di tutto il mondo.

Adesso può essere interessante capire a che punto siamo in Italia. Secondo il Censimento permanente dell’Istat nel complesso, il 75,8% delle imprese ha realizzato almeno una azione di sostenibilità ambientale. Nel dettaglio, il 10,3% ha realizzato più di 10 azioni di sostenibilità ambientale, il 2,7% ne ha compiute più di 10 e il 50,4% solo una.

Che cosa può fare un cittadino privato per capire quanto un'azienda è davvero green? Può chiedersi prima di tutto se metta in atto alcune pratiche virtuose dal punto di vista ambientale. Quali? È attenta, ad esempio, al consumo di carta? Organizza processi per rendere più efficiente il consumo grazie alla digitalizzazione? Un altro esempio pratico è quello del consumo di energia: sul lungo periodo sono decisivi gli interventi di produzione di energia rinnovabile e quelli di efficientamento energetico.

Spesso le aziende comunicano i propri investimenti ESG. La loro classificazione è nata dai Principi per l’investimento responsabile dell’Onu del 2006, ma cosa indicano? La E di Environmental racchiude tutti i parametri legati all’attenzione all’ambiente e al cambiamento climatico. La S di Social, invece, si riferisce all’impatto sociale delle attività aziendali: inclusività, condizioni di lavoro adeguate o parità di genere, per fare alcuni esempi. Infine, la G sta per governance e comprende le responsabilità dal punto di vista amministrativo: ad esempio il contrasto di ogni forma di corruzione, la composizione del consiglio di amministrazione e il rispetto della parità salariale e della meritocrazia.

Parlando di investimenti, le scelte delle imprese sembrano andare nella direzione giusta. Lo dicono i numeri del rapporto Green Italy di Fondazione Symbola e Unioncamere: sono oltre 441 mila le aziende che nel quinquennio 2016-2020 hanno deciso di investire in tecnologie e prodotti green. Il 31,9% delle imprese nell’industria e nei servizi ha investito, nonostante la pandemia, in tecnologie e prodotti green, valore che sale al 36,3% nella manifattura. Queste imprese solitamente hanno un dinamismo sui mercati esteri superiore al resto del sistema produttivo italiano, innovano di più e producono più posti di lavoro: con specifico riferimento alle imprese manifatturiere (5–499 addetti). Anche sul fronte dei fatturati il 14% delle imprese investitrici attende un aumento di fatturato per il 2021, contro un 9% delle altre. In altre parole: investire sull’ambiente conviene.