Il rispetto dei diritti umani è uno dei cardini delle politiche ESG. Parliamo della difesa di diritti umani fondamentali come quelli legati alla parità di genere e di opportunità, alla discriminazione razziale o ai richiedenti asilo nel mondo.

Ma partiamo dalle basi di un tema delicato. E le basi, quando parliamo di diritti umani, non possono che portare alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, siglata il 10 dicembre 1948 a New York. Il 10 dicembre di ogni anno si celebra, non a caso, la Giornata mondiale dei diritti umani. La Dichiarazione, disponibile in oltre 500 lingue, è un documento epocale perché fissa i diritti inalienabili che tutti possiedono in quanto esseri umani, senza distinzioni di razza, colore, religione, sesso, lingua, origine, nascita o opinioni di alcun genere. La Dichiarazione è composta da un preambolo e da 30 articoli ed è stata scritta con la collaborazione di rappresentanti di ogni religione e tradizione legale. Viene considerata una sorta di “contratto” tra i governi e i cittadini del mondo per garantire, tra le altre cose, le tutele più elementari legate alla parità di genere e alle pari opportunità.

La Dichiarazione è stata solo il punto di partenza: nel 1966 si sono aggiunte la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR) e la Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (ICESCR). Sono documenti che, dal 1976, anno in cui entrarono in vigore, formano, sulla base della Dichiarazione, la spina dorsale del meccanismo di protezione dei Diritti Umani a livello internazionale. Tra la teoria e la pratica, però, il gap ancora non è stato colmato.

Nel mondo milioni di persone non vedono riconosciuti i propri diritti fondamentali e, in alcuni casi, sono costretti a lasciare il posto in cui vivono proprio per questo motivo o per le ripercussioni di politiche di discriminazione razziale. I richiedenti asilo, ad esempio, sono le persone che hanno lasciato il loro Paese d’origine, hanno inoltrato una richiesta d’asilo in un’altra nazione e aspettano la risposta sul riconoscimento dello status di rifugiato da parte delle autorità del Paese che li ospita. Secondo le rilevazioni dell’Agenzia Onu per i rifugiati, i richiedenti asilo sono complessivamente quasi 2 milioni di persone. In larga parte sono residenti in Nord America e in Europa.

Un tema particolarmente delicato è quello legato ai diritti dell’infanzia. La Convenzione sui diritti dell'infanzia rappresenta lo strumento normativo internazionale più importante e completo in materia. È stata approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre del 1989 a New York ed è entrata in vigore il 2 settembre 1990. L'Italia, sul tema dei diritti dell’infanzia, ha ratificato il documento il 27 maggio 1991 con la legge n.176 e a tutt'oggi 193 Stati ne fanno parte.

Adesso nel mondo, secondo le stime dell’Unicef più di 400 milioni di bambine e bambini vivono in aree di conflitto, tra i 10 e i 16 milioni di minori rischiano di non poter frequentare la scuola perché costretti a lavorare o a sposarsi, mentre ogni anno più di 22.000 bambine e ragazze muoiono durante gravidanze e parti che sono il risultato di matrimoni precoci. Nei Paesi dove avviene tutto questo non esiste nessuna tutela per le bambine e per le donne e, in generale, per le garanzie più elementari di pari opportunità e uguaglianza di genere.

Per avere un quadro più ampio, dobbiamo prendere i dati dell’ultimo rapporto Amnesty 2021-2022. Per quanto riguarda un tema fondamentale come la parità di genere, emerge che gli episodi di violenza, compresi i cosiddetti delitti “d’onore” e basati sulla casta, di violenza domestica e sessuale continuano ad avere un’incidenza drammaticamente elevata in tutto il mondo. Le autorità spesso si dimostrano incapaci d’intervenire adeguatamente per prevenirli, trovare i colpevoli e garantire l’accesso delle vittime a forme di rimedio legale per garantire le pari opportunità e l’uguaglianza di genere. Amnesty International ha anche raccolto le testimonianze di persone Lgbti che sono state arrestate o trattenute in custodia nel 2020 a causa del loro orientamento sessuale o dell’identità di genere, in 24 dei 149 paesi monitorati.

Il 2022, inoltre, ha visto tornare la guerra in Europa con l’invasione russa dell’Ucraina. Ma non è l’unico conflitto in corso nel mondo. Secondo le rilevazioni di Amnesty International nel 2021 nuovi e irrisolti conflitti sono scoppiati o sono proseguiti in Afghanistan, Burkina Faso, Etiopia, Israele/Territori palestinesi occupati, Libia, Myanmar e Yemen. Secondo il rapporto tutti gli attori sul terreno hanno violato il diritto internazionale umanitario e il diritto internazionale dei diritti umani. Le popolazioni civili spesso diventano danni collaterali con milioni di persone sono sfollate e private dei più elementari diritti umani, quelli che la Dichiarazione universale del 1948, lasciata alle spalle la Seconda Guerra mondiale, vuole tutelare e difendere.