Inflazione, tasso di interesse o diversificazione del rischio: parole sconosciute? Gli italiani, in generale, vengono rimandati in educazione finanziaria. Non è una materia che viene insegnata sui banchi di scuola, ma è quello che emerge, ormai da alcuni anni, dalle rilevazioni indipendenti sulla popolazione. Sicuramente il mese dell’educazione finanziaria, in programma ogni anno ad ottobre, può dare l’occasione di colmare il gap.

Il Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria, organo presieduto da un direttore nominato dal Ministro dell’economia e delle finanze d’intesa con il Ministro dell’istruzione, università e ricerca scientifica, promuove ogni anno questa iniziativa.

 

Ma che cos’è l’educazione finanziaria?

Prendiamo la definizione di cultura finanziaria dell’Ocse: “Un processo attraverso il quale i consumatori, i risparmiatori e gli investitori migliorano le loro capacità di comprensione dei prodotti finanziari e dei concetti che ne sono alla base”.

 

Ma come si misura l’alfabetizzazione finanziaria?

Possiamo prendere ad esempio la metodologia dell’Ocse usata anche dalla Banca d'Italia per l’ultima indagine sull’alfabetizzazione finanziaria degli italiani che si è svolta nel 2020. La Banca d’Italia calcola un punteggio complessivo a partire da quelli ottenuti dai singoli intervistati in tre diversi ambiti.

  • Il primo campo in cui si misura la competenza finanziaria è quello delle conoscenze: il campione di intervistati viene sottoposto a domande che coinvolgono la comprensione dei concetti di base utili per le scelte di finanza personale. Qualche esempio? Inflazione, tasso di interesse, oppure diversificazione del rischio.
  • Il secondo ambito delle domande riguarda, invece, i comportamenti. In sostanza, viene chiesto quali sono le abitudini legate agli obiettivi finanziari o alla programmazione delle risorse da destinare a consumi.
  • Infine, si rivolge l’attenzione alle attitudini: le domande rilevano l’orientamento degli individui al risparmio in un’ottica di lungo periodo.

Vediamo quali sono i risultati: gli italiani ottengono un punteggio di 11,2 in una scala con il  punteggio massimo di 21. Si deve però dire che l’alfabetizzazione finanziaria presenta un’alta variabilità tra la popolazione, a seconda dell’istruzione, del genere, dell’età e dell’area geografica. Per esempio, i laureati hanno un grado di alfabetizzazione più alto rispetto agli individui con livelli di istruzione più bassi. Non solo: l’alfabetizzazione finanziaria è più elevata tra i 35 e i 44 anni. Ed è più bassa nelle persone con meno di 35 anni anche perché i giovani in Italia lasciano tardi la famiglia di origine. In generale, l’alfabetizzazione degli uomini si conferma più elevata rispetto a quelle delle donne.

In Italia, comunque, resta bassa anche la percezione del livello di alfabetizzazione finanziaria. Secondo il Rapporto Edufin 2021 “La conoscenza finanziaria come anticorpo alla vulnerabilità economica”, promosso dal Comitato Edufin, organo ministeriale per l'educazione finanziaria, e da Doxa, sono proprio i gruppi finanziariamente più fragili della popolazione italiana, le donne e i giovani, a sentirsi meno preparati nelle materie finanziarie, assicurative e previdenziali. In sostanza, emerge che gli italiani si sentono poco preparati sui concetti finanziari di base e sarebbero favorevoli ad interventi concreti in campo formativo per aumentare le proprie competenze in questo ambito.

Ma facciamo alcuni esempi concreti. Solo un terzo del campione intervistato conosce i concetti di “tasso di interesse semplice”, “tasso di interesse composto” e “relazione rischio-rendimento”. E tra i gruppi finanziariamente più vulnerabili la quota di coloro che ritengono di essere preparati è ancora più contenuta. Ad esempio per i giovani tra i 18 e i 34 anni la quota di coloro che si sentono preparati scende a un quinto. Insomma, la strada da fare verso una vera diffusione dell’educazione finanziaria necessaria per fare scelte consapevoli è ancora lunga.