Al supermercato ti è certamente capitato di osservare l’aumento dei prezzi. Lo scontrino più salato è una spia tangibile del carovita, ma come si misura l’aumento del costo della vita? La variazione nel tempo dei prezzi si calcola tramite l’indice dei prezzi al consumo, la media dei prezzi di un insieme di beni e servizi rappresentativo dei consumi (paniere): se l’indice aumenta si verifica il fenomeno dell’inflazione, se diminuisce, invece, della deflazione. Dall’indice dei prezzi si ricava il tasso di inflazione, che ne misura la variazione percentuale rispetto a un periodo precedente (in genere l’anno prima). Approfondiamo quindi il significato di questi due termini opposti.

Che cos’è l’inflazione?

Per inflazione si intende un aumento dei prezzi continuo e generalizzato, che riguarda cioè molti beni e servizi significativi per le abitudini di consumo delle persone. Conseguenza pratica dell’inflazione è che con la stessa quantità di denaro (valore nominale) puoi permetterti meno beni e servizi (valore reale) rispetto al passato. Quindi nel tempo la stessa banconota mantiene il valore nominale ma vale meno perché perde potere d’acquisto.

L’inflazione ha più cause, che possono coesistere e intrecciarsi. L'inflazione da domanda” si verifica quando la domanda supera l’offerta del mercato e il prezzo cresce come conseguenza diretta. Quando non è la domanda a cambiare ma l’offerta, per l’aumento dei costi di produzione, si parla invece di “inflazione da offerta”. Si tratta di fenomeno dovuto ai costi, per cui la produzione delle aziende cala e la scarsità dei prodotti fa salire i prezzi oppure l’aumento dei costi di produzione si scarica sui prezzi al consumo rendendoli più cari. L’inflazione infine può essere dovuta a un eccesso di denaro in circolazione.

Esistono più tipologie di inflazione. Può essere strisciante se l’aumento dei prezzi è lento e costante (2-3% all’anno), moderata, galoppante se l’aumento è tra il 10 e il 20%. Va fuori controllo diventando iperinflazione se l’aumento è nell’ordine delle tre, o addirittura quattro, cifre. Un caso particolare, infine, è la stagflazione, scenario in cui sono presenti allo stesso tempo alta inflazione e recessione, cioè crescita economica debole o nulla (stagnazione).

Conseguenze dell’inflazione

L’aumento dell’inflazione ha ricadute a vari livelli: sulle famiglie, sulle aziende e sull'economia in generale. Genera incertezza: acquistare e investire diventa più difficile perché i prezzi perdono la loro funzione di riferimento. Riduce il valore (reale) dei redditi (stipendi e pensioni) e dei risparmi, incidendo maggiormente sui consumi essenziali, che non si possono tagliare (alimentari, energia etc.). Fa mettere mano ai risparmi e fa risparmiare meno perché, prevedendo ulteriori rincari si anticipano delle spese per non perdere troppo potere d’acquisto e ciò fa salire ancora di più i prezzi, generando una spirale inflazionistica. L’inflazione riduce anche il valore reale dei debiti, a vantaggio di chi ha in corso un finanziamento a tasso d’interesse fisso. 

E per quanto riguarda i tassi d’interesse? Questo fenomeno è comunemente associato anche all’aumento dei tassi d’interesse, che fa alzare di conseguenza la rata dei mutui a tasso variabile e rende più costoso chiedere nuovi finanziamenti sia per le famiglie che per le imprese. Al contrario, i nuovi investimenti in azioni, obbligazioni etc. possono risultare più redditizi (tieni come riferimento il rendimento reale, che ottieni sottraendo al rendimento nominale il tasso atteso di inflazione). Per le obbligazioni già in portafoglio, il valore dei titoli a tasso fisso diminuisce, mentre quello dei titoli a tasso variabile cambia in funzione dell’adeguamento ai nuovi tassi d’interesse. Invece per le azioni già in portafoglio l’impatto non è sempre facile da prevedere: il loro valore sale o scende in base alle ricadute dell’inflazione sugli utili dell’azienda che le ha emesse.

Inflazione e deflazione


Possibili soluzioni all’inflazione

Se l’inflazione consiste in un graduale incremento dei prezzi, l’importante per la salute dell’economia è che questo incremento si mantenga basso e stabile, in modo che i prezzi stessi siano il più possibile stabili. Le banche centrali – come la BCE (Banca centrale europea) per l’area euro – intervengono sull’inflazione tramite la politica monetaria per influenzare la quantità di denaro in circolazione e il costo del denaro, cioè i tassi d’interesse di riferimento (detti “tassi direttori”, che condizionano i tassi che le banche applicano a loro volta). Per la BCE stabilità significa mantenere un tasso di inflazione del 2% nel medio periodo.

Per contrastare l’inflazione si ricorre a una politica monetaria restrittiva, in particolare allo strumento principe di questa dinamica: l’aumento dei tassi d’interesse. Aumentare i tassi frena la domanda e, insieme, la crescita dei prezzi, ma ha come effetto indesiderato il rallentamento dell’economia e la crescita della disoccupazione. Invece di agire direttamente sui tassi, le banche centrali possono intervenire sui mercati finanziari vendendo titoli per diminuire la liquidità e influenzare così i tassi d’interesse nel lungo termine.

Cos’è la deflazione

Anche se meno familiare, esiste il fenomeno “opposto”: la deflazione, che designa un’inflazione negativa. Per deflazione infatti si intende una diminuzione generalizzata dei prezzi, misurata dal calo dell’indice dei prezzi al consumo. A parità di valore nominale, in questo caso, con la stessa banconota dell’esempio precedente puoi comprare più beni e servizi (valore reale) rispetto al passato. Non va confusa con la disinflazione, che descrive invece il rallentamento dell’inflazione, del tasso di crescita del livello generale dei prezzi.

In apparenza la deflazione potrebbe sembrare vantaggiosa perché, all’inizio, il calo dei prezzi consente di aumentare il potere d’acquisto di redditi e risparmi. In realtà nel lungo periodo questi vengono erosi a causa della recessione economica e della disoccupazione che ne deriva. Infatti l’aspettativa di un’ulteriore discesa dei prezzi fa rinviare gli acquisti, innescando una spirale deflazionistica che porta alla riduzione dei consumi, dei prezzi, della crescita economica e dell’occupazione. La deflazione inoltre aumenta il valore reale dei debiti, a cui si aggiunge la flessione di redditi e ricavi, che si traduce in problemi di insolvenza per persone e aziende.

La deflazione può essere causata da una contrazione della domanda. Le aziende, la cui produzione non è più assorbita dalla domanda, abbassano infatti i prezzi per incoraggiare i consumatori. Parallelamente sono costrette a tagliare i costi di produzione a discapito dei fornitori e dell’occupazione e quindi, di nuovo, della domanda. La deflazione può anche essere legata a una diminuzione del denaro in circolazione. Inoltre può colpire dei settori specifici quando la produzione (e quindi l’offerta) cresce più rapidamente della domanda e si crea una competizione che spinge i prezzi al ribasso.

Come ci si difende dalla deflazione? Con una politica monetaria espansiva, ad esempio diminuendo i tassi d’interesse le banche centrali possono far crescere la domanda, e di conseguenza i prezzi, stimolando così l’economia e l’occupazione. Per influire sui tassi d’interesse nel lungo termine, la banca centrale può invece iniettare liquidità nel mercato acquistando titoli.

 

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