Nel mondo degli investimenti, azioni e obbligazioni sono due strumenti finanziari cruciali da capire. Nonostante si tratti di strumenti finanziari molto diffusi, le importanti differenze che li caratterizzano non sono però chiare a tutti.

Per questo motivo serve che i potenziali investitori, supportati anche dal consulente finanziario, siano in grado di riconoscere pienamente gli strumenti per operare sul mercato, prima di scegliere come comporre il proprio portafoglio in modo bilanciato.

Cosa sono le azioni

Le azioni sono uno strumento di partecipazione alla proprietà di una società: in particolare, un'azione rappresenta la quota minima in cui è diviso il capitale sociale. Tutte le azioni di una società hanno lo stesso valore nominale.

Diventare azionista significa, quindi, diventare socio e possedere una parte dell’azienda, partecipando così sia agli eventuali utili sia alle perdite. Essere titolari di azioni significa partecipare al rischio d'impresa della società in cui si è investito: si parla, appunto, di capitale di rischio. Questo significa che il rendimento (dividendo) dipenderà dall'andamento dei risultati aziendali: un andamento negativo può comportare una diminuzione del valore delle azioni e di conseguenza una perdita, anche totale, del capitale investito.

Le azioni possono essere di due tipi:

  • quotate: la negoziazione (acquisto e vendita dei titoli) avviene nel mercato finanziario, ad esempio sui mercati regolamentati - in Italia Borsa Italiana S.p.A. è il principale gestore - tramite intermediari autorizzati come le banche;
  • non quotate: lo scambio avviene tramite accordi privati tra gli azionisti.

Cosa sono le obbligazioni


 

Le obbligazioni (conosciute anche come bond) rappresentano un debito che una società emette per finanziarsi e che promette di restituire in aggiunta a una remunerazione a titolo di interesse (chiamata cedola), a tasso fisso o variabile, in un periodo prestabilito nello strumento. Proprio sulla base della scadenza definita, le obbligazioni possono essere a breve, medio o lungo termine.

Il creditore ottiene così la restituzione in un’unica soluzione del capitale investito, mentre gli interessi vengono pagati periodicamente attraverso lo stacco delle cedole.

A emettere i bond possono essere le società private, gli Stati, attraverso titoli come i BOT (buoni del tesoro), i CCT (certificati di credito del tesoro) e i BTP (buoni del tesoro poliennali) e le organizzazioni internazionali.

La principale classificazione suddivide le obbligazioni in:

  • ordinarie: conferiscono al possessore il diritto di ricevere il rimborso del capitale nominale alla scadenza del prestito, più un rendimento calcolato in base a un tasso d’interesse che può essere fisso, già stabilito al momento del contratto, o variabile, che può subire variazioni nel corso della vita del prestito.
  • strutturate: la loro “struttura” si basa sulla combinazione di due elementi, ovvero una componente obbligazionaria ordinaria, che può prevedere o meno il pagamento di cedole periodiche e che assicura la restituzione del valore nominale del titolo, e uno o più contratti derivati, che legano la remunerazione all’andamento di altri paramenti finanziari o reali, come ad esempio: indici di borsa, azioni, fondi comuni, tassi di cambio o materie prime.

Nell’infografica Cosa sono e come funzionano le obbligazioni sono disponibili informazioni di dettaglio sul funzionamento, il rating ed i possibili rischi.

Le principali differenze

La prima grande differenza tra questi due strumenti finanziari riguarda la qualifica dell’investitore. Chi compra un’azione diventa socio (azionista) di un’azienda, partecipa al capitale di rischio e di conseguenza è sottoposto a una maggiore incertezza, in cambio di rendimenti probabilmente più elevati.

Chi opta per un’obbligazione compra parte del debito di una società (o di uno Stato) rappresentato da un titolo, e ne diventa creditore. In teoria, dunque, a meno di un default (cioè di un fallimento) della società o dello Stato in questione, il creditore deve riavere a una scadenza prefissata il capitale sottoscritto più gli interessi previsti dallo strumento.

In termini di guadagni, invece, più aumenta il livello di rischio, maggiori saranno le prospettive di guadagno degli investitori (ma anche le possibilità di generare una perdita).

Il primo ottiene un profitto solo se l’andamento dell’impresa è positivo, ma la distribuzione dei dividendi non è garantita ed è soggetta all’approvazione del board.

Oppure se decide di vendere la propria partecipazione, a seguito dell’aumento del valore dell’azione, ricavandone un prezzo superiore rispetto a quello di acquisto. Non c’è alcuna garanzia che ciò accada perché il valore delle azioni si può anche svalutare nel tempo.

Il secondo, invece, riceve a scadenza il capitale investito e gli interessi maturati (salvo eventuali rischi legati a difficoltà finanziarie dell’emittente), rientrando nella categoria dei creditori.

Quale scegliere? L’importanza di bilanciare il portafoglio

La scelta tra azioni e obbligazioni dipende da diversi fattori come: i propri obiettivi finanziari, il livello di propensione al rischio e la prospettiva a lungo termine.

In termini di rischio, ad esempio, i bond sono generalmente considerati meno rischiosi e più stabili rispetto alle azioni. Ma se la propensione al rischio è più elevata, le azioni possono allora garantire un potenziale rendimento più alto. Ciò che è importante specificare è che entrambi sono comunque capitali a rischio, seppur con gradi differenti.

In generale, la propensione al rischio degli italiani è molto più bassa rispetto a quella di investitori di altre nazionalità, soprattutto quelli inglesi e americani. Nel nostro Paese si preferisce mantenere un’elevata liquidità o optare per prodotti più sicuri come le obbligazioni, piuttosto che cercare rendimenti più elevati in soluzioni maggiormente legate all’andamento del mercato.

È quanto emerge anche dal primo studio globale di Morningstar sui portafogli degli investitori - Global investor portfolio study – pubblicato a fine 2022, che ha analizzato i portafogli degli investitori di 14 differenti mercati*, considerando fattori come le pratiche locali, l’offerta dei prodotti e le normative sul settore finanziario. A determinare un approccio più prudente sono fattori di stampo sociale, culturale ed economico, ma anche una più bassa alfabetizzazione finanziaria. Inoltre, è cruciale il fattore demografico. In Italia, oltre il 25% della popolazione ha un’età pari o superiore ai 60 anni. Gli investitori “senior”, quindi, cercano una maggiore stabilità nel loro portafoglio, con l’avvicinarsi della pensione, e sono meno propensi a sottoscrivere strumenti che potrebbero ridurre il loro capitale.

La regola di investimento “100-età”


 

Nonostante la marcata predisposizione per soluzioni più sicure, ciò che risulta fondamentale è riuscire a diversificare al meglio i propri investimenti, bilanciando il portafoglio con una combinazione dei due asset principali, azioni e obbligazioni, in modo da ridurre complessivamente il rischio.

Il primo passo fondamentale per la costruzione del proprio portafoglio è, quindi, quello conosciuto con il termine “asset allocation”, cioè il processo per decidere come distribuire la somma a disposizione fra le diverse tipologie di investimento, in modo da garantire una gestione che riesca ad equilibrare al meglio rendimento e rischio sulla base delle esigenze e delle aspettative del singolo investitore.

A fini esemplificativi, una delle regole di investimento più conosciute e utilizzate, ideata da John Bogle, fondatore della società di investimento statunitense Vanguard, è quella che si basa sulla formula "100-età".

Questa regola suggerisce che l’investitore, per costruire al meglio il suo portafoglio, dovrebbe sottrarre la sua età da 100 per determinare la percentuale di azioni da possedere, mentre il resto rappresenta la percentuale di obbligazioni. Così, un giovane investitore di 30 anni dovrebbe avere un portafoglio composto al 70% da azioni e al 30% da bond.

In questo modo, la parte del portafoglio investita in azioni è più propensa alla crescita del capitale, grazie ai rendimenti potenzialmente più alti ma anche più soggetti alla volatilità del mercato. Mentre la componente obbligazionaria è quella più conservativa, in grado di garantire una fonte di reddito più stabile. Ed è proprio per questo che con l’avanzare dell’età andrà ad aumentare, garantendo profitti più sicuri.

Sebbene questa formula sia utile per avere un’idea di massima su come bilanciare il proprio portafoglio, è sempre necessario partire dalle esigenze e dalle prospettive individuali.

Infatti, va detto con chiarezza: non esiste una soluzione di investimento valida per tutti, in quanto dipende dalle caratteristiche di ognuno.

Per analizzare al meglio il proprio profilo di rischio, gli obiettivi che si intendono raggiungere, quale orizzonte temporale preferire, è prioritario fare affidamento sulla consulenza di uno specialista, che dispone di tutti gli strumenti adatti, a partire dal questionario MiFID, per valutare l’adeguatezza degli investimenti.

 

*I 14 mercati analizzati nello studio sono: Australia, Canada, Cina, Francia, Germania, Hong Kong, India, Italia, Giappone, Nuova Zelanda, Singapore, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti.